La chiusura di Eataly a Verona per molti è stato un fulmine a ciel sereno, ma non per gli addetti ai lavori. La trattativa sul futuro dei collaboratori non è ancora partita ma i sindacati hanno già interloquito due volte con l’azienda e i numeri parlano chiaro, come riporta il Corriere di Verona.
«Sul punto vendita di Verona, Eataly, a fronte di 96mila euro di canone mensile d’affitto, ha detto d’aver registrato perdite per 2,5 milioni nel 2023 e 2 milioni nel 2024», spiegano al Corriere di Verona le sigle sindacali, le quali si attendono che i tempi di chiusura definitiva siano brevi, massimo entro fine estate. «Parliamo di 33 lavoratori a tempo indeterminato e cinque interinali», dice al Corriere di Verona Giosuè Rossi, segretario locale di Fisascat Cisl. In realtà, come precisa l’azienda, l’affitto mensile che si paga è ben più alto: 96mila euro al mese, comprese le spese d’affitto.
A Eataly, nei giorni scorsi una parte del personale spiegava che «c’è già l’opzione del ricollocamento in altri negozi della catena, volendo anche all’estero». Rossi aggiunge che «altre aziende del territorio si sono dette interessate ad assorbire chi esce da Eataly, viste le difficoltà generali a trovare lavoratori nel settore». L’epilogo era nell’aria. Fuori dall’ex ghiacciaia da 13mila metri quadrati nei giorni scorsi, come ricorda il quotidiano locale, c’era il consueto via vai d’impiegati e manager della zona, tutta clientela di colazioni e pranzi «fornita» a Eataly da realtà come gli uffici direzionali di GlaxoSmithKline, la sede di Unicredit e quella degli ordini professionali d’architetti e ingegneri. «Il luogo merita, il personale è di qualità ma percepivi che, al contrario della parte di ristorazione, il “supermercato” di Eataly non andava bene: prezzi molto alti, di fatto era più una boutique, solo che le boutique di solito aprono in centro storico»: così Nicola Birolli, un lavoratore della zona in pausa pranzo.
«Il punto è che i prodotti di supermercato di Eataly li trovavi anche altrove, in più la zona non è vivacissima né “compiuta” visti i lavori all’ex manifattura Tabacchi, sei fuori dalla città e la sera il lavoratore della Zai non si ferma qui per cena», il pensiero di Daniele Favari. «Un tema è proprio la distanza dalla città, poca in linea d’aria ma molta nei fatti – l’opinione di Marco Multari, un collega – perché arrivare qui non è agevole né a piedi né in bici: magari cambierà con il filobus, vediamo…».
Restaurata con un investimento da 60 milioni di Fondazione Cariverona, quale futuro meriterebbe l’ex ghiacciaia? La parola cultura rimbalza in ogni risposta. «Bisognerebbe pensare a un misto di attrattiva culturale e ristorazione, di modo che anche il turista si avvicini agli ex Magazzini Generali», la risposta di Riccardo Gasparato. «È molto difficile capire come riempire uno spazio così grande, idem immaginare qualcuno che possa permettersi di subentrare. Eataly faceva mostre fotografiche, a dimostrazione che la destinazione museale ci starebbe. Ma poi dovresti anche aggiungere ulteriori proposte culturali», riflette un ingegnere, Alessio Padovani. Secondo Gloria Caprini, pure lei in pausa pranzo, «a Verona non manca solo un grande spazio culturale al chiuso, ma anche un luogo dove si possa conoscere la storia della città, tipo un museo ad hoc, e dove il turista abbia una panoramica di quello che la città offre».