EUROPA, I DOSSIER PIÙ CALDI. LE DEBOLEZZE DELL’ORTOFRUTTA: COSTI SU, PRODUZIONE E REDDITI GIÙ

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di Nazario Battelli*

Facendo un rapido volo d’uccello sui dossiers più significativi per il settore, e che dovrebbero andare a naturale conclusione entro la fine dell’attuale mandato legislativo con questo ultimo semestre, possiamo registrare un significativo successo sul cosiddetto SUR (la proposta della Commissione Europea sull’uso sostenibile dei prodotti per la protezione delle piante) che, rimandato al mittente dal Parlamento europeo, sarà argomento dei nuovi Organi comunitari.

Il Consiglio europeo ha invece sostanzialmente ribaltato l’altro grande successo sindacale ottenuto in “plenaria” quando il Parlamento aveva accolto le istanze trasversali dell’intera filiera ortofrutticola escludendo l’ortofrutta dal divieto di imballi monouso per le vendite di peso inferiore al chilogrammo e mezzo. Evidentemente i Ministri dell’ambiente degli Stati Membri (con la sola eccezione di quello italiano) hanno dato più peso alle ideologiche espressioni delle rispettive opinioni pubbliche piuttosto che agli agricoltori e all’intero settore, ma confidiamo in un possibile recupero in sede di trilogo.

Infine, incassiamo, oltre ad un buon aggiornamento delle norme di commercializzazione già in Gazzetta Ufficiale, ancora la sensibilità dei parlamentari europei che hanno votato elementi di miglioramento rispetto ad una già buona impostazione della proposta della Commissione relativamente alla cosiddetta “Direttiva breakfast” nei termini delle dichiarazioni di origine dell’ortofrutta per le marmellate e i succhi (con una particolare specifica per l’arancia rossa, come da iniziale proposta di CIA-Agricoltori italiani e poi di Copa-Cogeca).

Infine, anche se in questo caso parliamo di tempistiche più lunghe, va positivamente segnalata la pubblicazione della proposta della Commissione Ue sulle nuove tecniche genomiche (le cosiddette NGTs, ma sarebbe molto più corretto e mediaticamente auspicabile chiamarle NBTs – New Breeding Techniques) l’unica apertura in positivo sulla prospettiva dell’agricoltura europea di tutto il pacchetto legislativo “per l’uso sostenibile delle risorse naturali e del suolo” che andrà certamente ulteriormente migliorata come già unitariamente richiesto da Copa-Cogeca. Queste partite vanno, come accennato, alle determinazioni finali dei triloghi come conclusione sostanziale dell’attività di questo mandato quinquennale per quel che riguarda l’ortofrutta.
Si aprirà un limbo, mentre la necessità dirimente è quella di sostenere fortemente le imprese a fronte dei grandissimi danni alla produzione causati dalle gelate primaverili, dalle alluvioni e più in generale dai cambiamenti climatici, per evitare la chiusura delle aziende agricole e disperdere un patrimonio di competenze, di posti di lavoro e di economia diffusa nei territori di produzione.
Il Covid e le conseguenze dell’invasione russa all’Ucraina hanno evidenziato meglio il clamoroso errore di fondo di tutto il Green Deal che era quello (estremizzo) di poter anche fare a meno della produzione agricola europea, focalizzando proprio sulla produzione l’origine del problema e non capendo che, invece, sia ambientalmente che economicamente, i produttori agricoli nei singoli territori possono rappresentare la soluzione.
E quindi un rincorrersi di emendamenti, controemendamenti e virgole fra soggetto e verbo pur di recuperare il recuperabile con una sufficiente sensibilità dei parlamentari e con gli Stati Membri con lo sguardo rivolto solo al proprio elettorato nazionale.
Questa campagna elettorale per le elezioni europee è ufficialmente partita con i trattori tedeschi, francesi, olandesi… e quelli che si aggiungeranno ed è giusto che il tema agricolo venga posto al centro dell’attenzione. Resta da vedere se l’impatto sulle opinioni pubbliche sarà positivo e se la variegata offerta politica sarà in grado di confezionare programmi e proporre candidati dal cuore agricolo.
Il settore ortofrutticolo è sicuramente conosciuto, sia all’interno del mondo agricolo che nell’opinione politica più informata, come quello che ha la legislazione più avanzata e già strumenti dedicati molto importanti. Mi riferisco ad una organizzazione comune di mercato in vigore già dal 1996, al programma di promozione europeo dedicato da 200 milioni di euro, al programma storico di Frutta nelle scuole.
Ma va detto con chiarezza che nonostante ciò per la parte produttiva della filiera si deve purtroppo registrare una progressiva debolezza nel nostro settore. I produttori ortofrutticoli non riescono più a sostenere le spese di produzione, la produzione è in continua diminuzione, i redditi si stanno sostanzialmente azzerando e registriamo un calo strutturale dei consumi con i giovani (e i bambini in particolare) che consumano sempre meno frutta e verdura.
E va da sé che trattando prodotti deperibili scontiamo strutturalmente una posizione debolissima all’interno della filiera e lo strumento che la PAC prevede per impostare rapporti di filiera, le Organizzazioni Interprofessionali, nel nostro settore non si sono diffuse e, a parte la Francia, non riescono ad incidere nella regolazione di mercato.
E con un retorico punto interrogativo: siamo noi produttori a non sfruttare al meglio questa legislazione? Le risorse non sono sufficienti? Gli Stati Membri non si attivano abbastanza? Quali aggiornamenti e modifiche, o necessitano assolute novità?
O preferiamo il mantenimento dello status quo?
Va aperta quindi una riflessione comune (più che il solito auspicio di inizio anno), un confronto laico (interno al settore e con i futuri candidati europei) che ponga al centro l’assoluta necessità della sostenibilità economica del produttore di ortofrutta e della sua possibilità di produrre, in Italia e nel resto d’Europa.

* vicepresidente del Gruppo ortofrutta di Copa-Cogeca

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