Digitalizzazione, formazione e aggregazione d’impresa. Parole chiave che restano una priorità per la tenuta e soprattutto il rilancio dell’export agroalimentare Made in Italy ancor più schiacciato dalle restrizioni per il Covid e presto alle prese con gli effetti sui mercati internazionali delle elezioni Usa.
A esserne fermamente convinta è Cia-Agricoltori Italiani che lo ha ribadito in occasione del nuovo incontro di programmazione sul Piano Straordinario di Promozione del Made in Italy per il 2021-2022, promosso con le organizzazioni del settore agroalimentare e vitivinicolo dal sottosegretario al ministero degli Affari Esteri, Manlio Di Stefano.
Per Cia, infatti, è sempre più importante dare risposte nuove alle imprese del settore che devono far fronte a una crisi senza precedenti a causa della pandemia. In particolare, va preservato, nonostante le restrizioni, l’accesso e la permanenza nei mercati europei e internazionali, laddove, proprio come già indicato dall’Agenzia ICE, digitale, innovazione e sostenibilità sono le parole d’ordine per rivolgersi alle nuove generazioni di consumatori globali. In prospettiva, ed è ciò su cui Cia sta lavorando, la promozione deve passare per l’aggregazione, essenziale a favorire lo sviluppo di reti di impresa e strategie condivise di internazionalizzazione. A ciò va affiancato un adeguato piano formativo e una crescita delle aziende sul digitale. La promozione del Made in Italy non può prescindere da un salto di qualità da parte delle aziende, soprattutto delle medie e piccole imprese che contribuiscono, nonostante i numeri più esigui, alla ricchezza e alla valorizzazione del patrimonio agroalimentare italiano.
In un contesto emergenziale, tutt’altro che risolto, sottolinea Cia, dare maggiore impulso ai prodotti nostrani sul mercato interno non è scontato, diventa anzi cruciale, come lo è la conferma di un peso specifico del Made in Italy agroalimentare e più in generale europeo, sul piano internazionale. Per questo Cia, guarda al 2021 come a un’occasione per la chiusura della contesa Ue-Usa sulla questione Airbus-Boeing e, soprattutto, per il superamento dei dazi aggiuntivi con la ripresa dei negoziati tra Europa e Stati Uniti, dopo il recente primo accordo sull’abbattimento tariffario. Attenzione poi all’export verso il Regno Unito con il rischio per 40 mila aziende italiane di perdere un importante sbocco commerciale senza l’accordo post Brexit. L’impatto di un “no deal” sul settore interromperebbe una scia positiva che ha portato nel decennio 2010-2020 a un aumento del 46% nelle esportazioni di cibo Made in Italy Oltremanica.
“Bene che prosegua il dialogo con il ministero degli Esteri su criticità e progetti di promozione per affrontare le sfide all’orizzonte come lo sono anche la riforma della Pac e il Green Deal Ue -ha commentato Aldo Alberto (nella foto), della Giunta Cia e delegato all’internazionalizzazione-. Come dimostrato dal lavoro condiviso sui contenuti del Patto per l’Export, l’ascolto delle organizzazioni agroalimentare è utile a centrare priorità e obiettivi comuni. Attendiamo ora l’annunciata messa online da parte di ICE della piattaforma dedicata alla presentazione delle progettualità. Servirà, e su questo c’è nostra piena disponibilità -ha concluso Alberto- capacità di sintesi e coesione per arrivare con il Piano, a uno strumento concreto ed efficace”.