Con l’Europa spesso oberata dall’offerta di prodotto, la ricerca di nuovi mercati fuori dal Vecchio Continente rimane una strada quasi obbligata per il settore ortofrutticolo, compreso il comparto dell’uva da tavola. È imprescindibile anche per Nicola Giuliano (nella foto), titolare della Giuliano Puglia Fruit di Turi (Bari) che però avverte: “Per noi pugliesi bisognerebbe prima pensare alle infrastrutture adatte ad accogliere ortofrutta deperibile. Abbiamo molti porti, ma nessuno sul quale si possa caricare la nostra frutta deperibile”, osserva Giuliano. “I nostri aeroporti non sono in grado di ospitare cargo per l’ortofrutta fresca. Spediamo già oltremare, come ad esempio in Canada o Stati Uniti. Ma per farlo dobbiamo caricare i nostri containers a circa 500 chilometri di distanza, trasportando la merce su mezzi che a loro volta fanno diversi scali e che per raggiungere la destinazione mettono molto a rischio la qualità del prodotto e la certezza dei giorni in viaggio”, sottolinea l’imprenditore pugliese. “Stiamo facendo molta pressione per sottoscrivere protocolli di intesa per poter spedire in Paesi molto virtuosi, come la Cina, ma in realtà quando avremo il protocollo probabilmente non sapremo come far arrivare a destinazione la nostra uva nei tempi e con i giusti standard qualitativi. È come mettere il carro davanti ai buoi”.
La stagione dell’uva
Nel lanciare questo grido d’allarme, Giuliano traccia anche un quadro della stagione dell’uva da tavola, premettendo che l’annata è partita con una quindicina di giorni di ritardo a causa di una primavera piuttosto fresca con temperature sotto la media. Il clima più rigido del solito ha influenzato la fertilità delle piante e il conseguente mancato pieno sviluppo degli acini sui grappoli e scarsità di volumi per ettaro. Un fenomeno che si è più accentuato sulle uve con seme, dove il calo anche per Giuliano è stimabile intorno al 30%, che si riduce al 10% per le apirene. “La produzione, comunque, dall’inizio della campagna è di ottima qualità organolettica grazie al beltempo, che ha scongiurato problemi di muffe o cracking favorendo invece un elevato grado brix”. I programmi prevedono di arrivare con le vendite fino alla fine delle feste natalizie.
Secondo le indicazioni dell’imprenditore barese l’uva con seme ha subito maggiormente le conseguenze delle basse temperature primaverili producendo chicchi con calibri inferiori alla media. “Con le seedless, invece, il livello qualitativo è buono come negli ultimi anni ed è addirittura ottimo per quanto riguarda le nuove varietà come Pristine, Autumn Crisp, Sweet Celebration, Allison, Scarlotta.
Andamento commerciale difficile
“L’andamento commerciale per le uve con seme è abbastanza pesante – conferma Giuliano. Si stima una riduzione di almeno il 20% con prezzi che non coprono i costi di produzione. In particolare sta soffrendo molto l’uva Italia e pensiamo che questo sia dovuto alla mancata presenza di un calibro sostenuto, aspettativa che è venuta meno da parte dei clienti e consumatori abituati a pezzature importanti. Anche nella varietà Pizzutella, che non ha subito danni estetici e che si presenta quest’anno con standard qualitativi in linea con quelli degli ultimi anni, si nota una piccola flessione negativa dei consumi intorno al 5%”.
Secondo Giuliano il consumo delle uve senza semi mostra comunque un trend sempre in crescita, soprattutto con le varietà di alta gamma, In Italia intorno al 10%, mentre all’estero, che già consuma nella maggior parte solo uva senza semi, si registrano incrementi intorno al 15%. “Sul mercato estero, però, è molto pesante la pressione dei prezzi dovuta chiaramente ai Paesi produttori esteri che possono offrire la stessa uva a prezzi più competitivi. In generale il consumo dell’uva senza semi sta crescendo parecchio, particolarmente nei mercati del centro-nord Europa, ma questo sta andando quasi esclusivamente a vantaggio dei nostri Paesi concorrenti e poco alla produzione italiana”, osserva con una certa amarezza Giuliano che per quanto riguarda le esportazioni italiane ricorda come pesi molto la sempre più agguerrita concorrenza di Paesi come Turchia, Grecia e Spagna, che stanno scalzando il Belpaese dall’essere punto di riferimento nell’approvvigionamento del prodotto da parte degli importatori.
I progetti della Giuliano Puglia Fruit
Riguardo l’attività della Giuliano Puglia Fruit, il titolare dell’impresa sottolinea che “di recente abbiamo sottoscritto accordi con tutti i migliori ricercatori e breaders del mondo per poter coltivare le migliori varietà nelle nostre aziende e poterle far coltivare ai produttori della op. Quest’inverno impianteremo nuove varietà, che sembrano molto interessanti, selezionate dai nostri due gruppi di ricerca e dal consorzio Novaut che ha cofinanziato la ricerca pubblica del Crea di Turi, i cui frutti importanti cominceremo a raccoglierli nel 2021”.
Nel frattempo l’azienda si sta dedicando ad uve molto “speciali”, cioè quelle “davvero uniche nei sapori e nel gusto. L’obiettivo – precisa Giuliano – è creare segmenti premium all’interno dei supermercati con uve con caratteristiche eccellenti che possano uscire dalla massa dove, in particolar modo, sul mercato estero siamo fortemente penalizzati da livelli di prezzi troppo bassi per i costi italiani”.
“Abbiamo bisogno di comunicare al meglio ai consumatori il cambiamento che sta avvenendo anche in una regione molto “tradizionalista” come la Puglia e preavvisarli che i prossimi anni avremo la possibilità di avere a disposizione delle varietà che sicuramente influenzeranno il consumo della frutta in generale”. (e.z.)