Se all’interno del dibattito italiano a Berlino ha dominato l’internazionalizzazione (un dibattito tutto nazionale, a riprova che si sceglie di parlare lì dei fatti nostri, scelta davvero curiosa, ma l’importante è che da qualche parte se ne parli) la parola chiave di Fruit Logistica 2019 è stata innovazione, una parola che rappresenta una necessità ormai diffusa in tutti i settori produttivi dei Paesi che partecipano alla competizione globale e che oggi è il tema numero uno nell’ortofrutta e nella sua filiera. Innovazione di prodotto, innovazione di processo, innovazione nei servizi.
Il mercato dell’ortofrutta – troppo spesso lo si dimentica – è dominato dai sistemi che hanno in pugno l’innovazione varietale, i club di prodotto, l’efficienza dell’organizzazione produttiva e logistica, e che un domani – che è già oggi – sapranno avviare sistemi commerciali in grado di sfruttare le enormi potenzialità dell’e-commerce regolando anche così il potere contrattuale, così spesso troppo forte, dei colossi della grande distribuzione internazionale.
Siamo all’ottavo posto al mondo tra i Paesi produttori di ortofrutta (la Spagna è sesta), al sesto come Paese esportatore (Spagna terza, Olanda quarta); abbiamo una produzione ortofrutticola che vale oltre 12 miliardi, pari al 24% del totale dell’agricoltura italiana; con la crescita del segmento dei trasformati l’ortofrutta si sta consolidando come prima voce dell’export agroalimentare malgrado la flessione del fresco nel 2018.
Ma cosa siamo senza innovazione? Poco o niente. I competitori nel mercato globale ci massacrano perché, in generale, hanno costi di partenza più bassi dei nostri. Dunque siamo obbligati a dare una qualità elevata nei prodotti e nei servizi. Ci riusciamo?
E’ stato davvero positivo che anche sull’innovazione l’Italia abbia avuto a Berlino qualcosa da dire. Lo ha fatto con il tradizionale appuntamento all’Ambasciata d’Italia, promosso ancora una volta da Confagricoltura in collaborazione con Fruitimprese, dedicato quest’anno proprio all’innovazione. Lo ha fatto vincendo per la prima volta il Fruit Logistica Innovation Award con il kiwi Oriental Red della società romagnola Jingold (leggi news 1 e 2).
L’Italia dell’ortofrutta da almeno 5 anni preme sull’acceleratore dell’innovazione. Nuove varietà di albicocche (che sono passate dallo zero al 50% di export proprio in 5 anni), uve seedless, fragole precoci e tardive, allargamento varietale nelle mele. E poi ci sono le tecnologie, gli imballaggi, in cui siamo all’avanguardia mondiale. Ma è sul prodotto che il messaggio deve passare. L’ortofrutta italiana ha estremo bisogno di un adeguato marketing internazionale (oltre che di una logistica più efficiente).
Berlino è servita allo scopo. Ad ascoltare Massimiliano Giansanti, presidente di Confagricoltura, e Marco Salvi, presidente di Fruitimprese, e gli altri relatori, c’erano non pochi rappresentanti della distribuzione tedesca. Tra gli altri relatori, insieme al sottosegretario all’Agricoltura Alessandra Pesce, all’ambasciatore Luigi Mattiolo, al direttore Italia di Fiera Berlino Piergoffredo Ronchi, al presidente della Camera di Commercio Italiana per la Germania Emanuele Gatti, c’era Patrizio Neri, presidente di Jingold Spa (azienda di Confagricoltura), che ha presentato la case-history del kiwi rosso che proprio due sere più tardi avrebbe vinto il premio più importante al mondo per l’innovazione nell’ortofrutta.
Ora il messaggio va tenuto alto e vivo. La qualità intrinseca dei prodotti non basta se non la si fa conoscere. E va fatta assolutamente conoscere perché l’innovazione è una leva formidabile per l’internazionalizzazione, per affermare la nostra ortofrutta anche nei mercati più lontani.
Antonio Felice
direttore editoriale del Corriere Ortofrutticolo
FRUIT LOGISTICA: L’ITALIA FA TANTA INNOVAZIONE MA ALL’ESTERO LO SI SA? L’INNOVATION AWARD NON RESTI UN FATTO ISOLATO
Se all’interno del dibattito italiano a Berlino ha dominato l’internazionalizzazione (un dibattito tutto nazionale, a riprova che si sceglie di parlare lì dei fatti nostri, scelta davvero curiosa, ma l’importante è che da qualche parte se ne parli) la parola chiave di Fruit Logistica 2019 è stata innovazione, una parola che rappresenta una necessità ormai diffusa in tutti i settori produttivi dei Paesi che partecipano alla competizione globale e che oggi è il tema numero uno nell’ortofrutta e nella sua filiera. Innovazione di prodotto, innovazione di processo, innovazione nei servizi.
Il mercato dell’ortofrutta – troppo spesso lo si dimentica – è dominato dai sistemi che hanno in pugno l’innovazione varietale, i club di prodotto, l’efficienza dell’organizzazione produttiva e logistica, e che un domani – che è già oggi – sapranno avviare sistemi commerciali in grado di sfruttare le enormi potenzialità dell’e-commerce regolando anche così il potere contrattuale, così spesso troppo forte, dei colossi della grande distribuzione internazionale.
Siamo all’ottavo posto al mondo tra i Paesi produttori di ortofrutta (la Spagna è sesta), al sesto come Paese esportatore (Spagna terza, Olanda quarta); abbiamo una produzione ortofrutticola che vale oltre 12 miliardi, pari al 24% del totale dell’agricoltura italiana; con la crescita del segmento dei trasformati l’ortofrutta si sta consolidando come prima voce dell’export agroalimentare malgrado la flessione del fresco nel 2018.
Ma cosa siamo senza innovazione? Poco o niente. I competitori nel mercato globale ci massacrano perché, in generale, hanno costi di partenza più bassi dei nostri. Dunque siamo obbligati a dare una qualità elevata nei prodotti e nei servizi. Ci riusciamo?
E’ stato davvero positivo che anche sull’innovazione l’Italia abbia avuto a Berlino qualcosa da dire. Lo ha fatto con il tradizionale appuntamento all’Ambasciata d’Italia, promosso ancora una volta da Confagricoltura in collaborazione con Fruitimprese, dedicato quest’anno proprio all’innovazione. Lo ha fatto vincendo per la prima volta il Fruit Logistica Innovation Award con il kiwi Oriental Red della società romagnola Jingold (leggi news 1 e 2).
L’Italia dell’ortofrutta da almeno 5 anni preme sull’acceleratore dell’innovazione. Nuove varietà di albicocche (che sono passate dallo zero al 50% di export proprio in 5 anni), uve seedless, fragole precoci e tardive, allargamento varietale nelle mele. E poi ci sono le tecnologie, gli imballaggi, in cui siamo all’avanguardia mondiale. Ma è sul prodotto che il messaggio deve passare. L’ortofrutta italiana ha estremo bisogno di un adeguato marketing internazionale (oltre che di una logistica più efficiente).
Berlino è servita allo scopo. Ad ascoltare Massimiliano Giansanti, presidente di Confagricoltura, e Marco Salvi, presidente di Fruitimprese, e gli altri relatori, c’erano non pochi rappresentanti della distribuzione tedesca. Tra gli altri relatori, insieme al sottosegretario all’Agricoltura Alessandra Pesce, all’ambasciatore Luigi Mattiolo, al direttore Italia di Fiera Berlino Piergoffredo Ronchi, al presidente della Camera di Commercio Italiana per la Germania Emanuele Gatti, c’era Patrizio Neri, presidente di Jingold Spa (azienda di Confagricoltura), che ha presentato la case-history del kiwi rosso che proprio due sere più tardi avrebbe vinto il premio più importante al mondo per l’innovazione nell’ortofrutta.
Ora il messaggio va tenuto alto e vivo. La qualità intrinseca dei prodotti non basta se non la si fa conoscere. E va fatta assolutamente conoscere perché l’innovazione è una leva formidabile per l’internazionalizzazione, per affermare la nostra ortofrutta anche nei mercati più lontani.
Antonio Felice
direttore editoriale del Corriere Ortofrutticolo
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