La perdita di competitività della nostra ortofrutta sui mercati esteri è misurabile? Sembra di sì a vedere lo scalpore che ha provocato nel settore il titolo del Sole24Ore di sabato 10 novembre “Ortofrutta da terzo esportatore (mondiale) a sedicesimo” nell’arco di un ventennio (2003-2023).
Il riferimento era a slides proposte dalla direttrice ISMEA al Tavolo nazionale. Circolava anche una nota stampa da un convegno piemontese in cui si parlava dell’Italia decimo esportatore mondiale senza ulteriori specifiche.
Dopo alcuni momenti di confusione ISMEA ha fatto chiarezza anche rispetto al titolo del Sole24Ore. Siamo in grado di darvi conto di questa opportuna precisazione ufficiale. Per quanto riguarda la frutta fresca (dati 2022 sul 2003) in un ventennio l’Italia è precipitata dal podio di terzo esportatore mondiale (dopo Stati Uniti e Spagna) al dodicesimo, preceduta da un sfilza di Paesi. Li citiamo in ordine dal primo all’undicesimo: USA, Spagna, Messico, Cile, Olanda, Thailandia, Cina, Turchia, Perù, Vietnam, Sud Africa. Come si vede la scivolata è pesante, in particolare rispetto a Paesi che una volta nel commercio globale della frutta non esistevano (Vietnam, Thailandia). Quindi la perdita di competitività c’è ed ha dimensioni preoccupanti. D’altronde anche gli ultimi dati Fruitimprese su export/import confermano che l’Italia si avvia a diventare strutturalmente un importatore netto di ortofrutta.
Per quanto riguarda l’export di ortaggi l’Italia ha tenuto le posizioni tra il 2003 e il 2022: era al nono posto 20 anni fa e si ritrova al decimo nel 2022 preceduta da Cina, Messico, Olanda, Spagna , Canada, Usa, Francia, Belgio e Turchia. Da segnalare il rally impressionante di Cina (da circa 2 miliardi di euro a 9,7), Messico (da 2,3 miliardi di euro a 8,6), Canada (da 1,1 miliardi di euro a 5,8), Turchia (da 418 milioni di euro a 2 miliardi) . L’Italia ha poco più che raddoppiato l’export di ortaggi, da 845 milioni di euro a 1,9 miliardi.
Fa piacere avere dati certi perché i numeri non sono di destra né di sinistra, sono quelli che sono, e da quelli bisogna partire per i commenti e i giudizi. Mentre l’agroalimentare ha dovizia di dati, l’agricoltura è meno osservata e i dati non combaciano mai perché vengono strattonati e piegati a questa o quella tesi. Nella comunicazione dell’agricoltura (intesa come produzione di materie prime per il food, e l’ortofrutta fresca è tale) vale l’inverso del motto di un celebre giornalista: non “i fatti separati dalle opinioni” ma “le opinioni che prevalgono sui fatti” cioè sui numeri. E l’ortofrutta è terribilmente carente di numeri, di statistiche, di confronti: quanto vale il comparto regione per regione, quanta ricchezza crea, quanta occupazione impiega, quanto export produce, quanto indotto alimenta, quanto di questo o quel prodotto si è spostato dal nord al sud? E la logistica come funziona? Quanto costa e quanto valore sottrae al comparto? Manca un quadro generale attendibile, se non diviso per regioni almeno per macro-aree. Anche questa è comunicazione, buona comunicazione, per far capire il valore, il peso del comparto sul piano socio-economico. Ma le indagini costano, fare comunicazione costa…
Concludendo. Nell’articolo del Sole la collega Silvia Marzialetti ha dedicato ampio spazio al momento di crisi del comparto e alle misure annunciate dal ministro Lollobrigida a sostegno: 10 milioni di euro per la filiera pere, 2 milioni di euro per il kiwi, 9,4 milioni per gli agrumi e 20 milioni di prestiti cambiari in manovra a sostegno di tutto il settore. In particolare per le pere subito si sono levate voci per dire che 10 milioni non bastano. Allora quanti ce ne vogliono: 50? 100? Sicuramente più di 10. Quanti ne arriveranno? Nessuno lo sa, i margini in manovra sono strettissimi, vedremo. Certo una cosa si può dire: nulla sarà come prima per la pericoltura emiliano-romagnola, quindi è bene adeguarsi fin da subito. Bisogna cercare subito di salvare il salvabile dopo quest’ultima annata disastrosa, e poi però guardare avanti, fare buoni progetti, prendere atto che magari certe varietà non funzionano come una volta, che serve appunto innovazione, ricerca (che è quello che tutti ripetono). Dalle parole bisogna passare ai fatti. Altrimenti qui si fa solo ammuina…
Lorenzo Frassoldati
*direttore Corriere Ortofrutticolo e CorriereOrtofrutticolo.it
Secondo Istat, negli ultimi 15 anni in Sicilia sono scomparsi il 50% dei limoni, il 31 % degli aranci e il 18% dei mandarini a favore di cemento e parchi eolici. Dal che si deduce che il Made in Italy è minacciato soprattutto dagli italiani *
FRUTTA, ITALIA DA TERZO ESPORTATORE MONDIALE A DODICESIMO. CI BATTONO ANCHE VIETNAM E THAILANDIA
La perdita di competitività della nostra ortofrutta sui mercati esteri è misurabile? Sembra di sì a vedere lo scalpore che ha provocato nel settore il titolo del Sole24Ore di sabato 10 novembre “Ortofrutta da terzo esportatore (mondiale) a sedicesimo” nell’arco di un ventennio (2003-2023).
Il riferimento era a slides proposte dalla direttrice ISMEA al Tavolo nazionale. Circolava anche una nota stampa da un convegno piemontese in cui si parlava dell’Italia decimo esportatore mondiale senza ulteriori specifiche.
Dopo alcuni momenti di confusione ISMEA ha fatto chiarezza anche rispetto al titolo del Sole24Ore. Siamo in grado di darvi conto di questa opportuna precisazione ufficiale. Per quanto riguarda la frutta fresca (dati 2022 sul 2003) in un ventennio l’Italia è precipitata dal podio di terzo esportatore mondiale (dopo Stati Uniti e Spagna) al dodicesimo, preceduta da un sfilza di Paesi. Li citiamo in ordine dal primo all’undicesimo: USA, Spagna, Messico, Cile, Olanda, Thailandia, Cina, Turchia, Perù, Vietnam, Sud Africa. Come si vede la scivolata è pesante, in particolare rispetto a Paesi che una volta nel commercio globale della frutta non esistevano (Vietnam, Thailandia). Quindi la perdita di competitività c’è ed ha dimensioni preoccupanti. D’altronde anche gli ultimi dati Fruitimprese su export/import confermano che l’Italia si avvia a diventare strutturalmente un importatore netto di ortofrutta.
Per quanto riguarda l’export di ortaggi l’Italia ha tenuto le posizioni tra il 2003 e il 2022: era al nono posto 20 anni fa e si ritrova al decimo nel 2022 preceduta da Cina, Messico, Olanda, Spagna , Canada, Usa, Francia, Belgio e Turchia. Da segnalare il rally impressionante di Cina (da circa 2 miliardi di euro a 9,7), Messico (da 2,3 miliardi di euro a 8,6), Canada (da 1,1 miliardi di euro a 5,8), Turchia (da 418 milioni di euro a 2 miliardi) . L’Italia ha poco più che raddoppiato l’export di ortaggi, da 845 milioni di euro a 1,9 miliardi.
Fa piacere avere dati certi perché i numeri non sono di destra né di sinistra, sono quelli che sono, e da quelli bisogna partire per i commenti e i giudizi. Mentre l’agroalimentare ha dovizia di dati, l’agricoltura è meno osservata e i dati non combaciano mai perché vengono strattonati e piegati a questa o quella tesi. Nella comunicazione dell’agricoltura (intesa come produzione di materie prime per il food, e l’ortofrutta fresca è tale) vale l’inverso del motto di un celebre giornalista: non “i fatti separati dalle opinioni” ma “le opinioni che prevalgono sui fatti” cioè sui numeri. E l’ortofrutta è terribilmente carente di numeri, di statistiche, di confronti: quanto vale il comparto regione per regione, quanta ricchezza crea, quanta occupazione impiega, quanto export produce, quanto indotto alimenta, quanto di questo o quel prodotto si è spostato dal nord al sud? E la logistica come funziona? Quanto costa e quanto valore sottrae al comparto? Manca un quadro generale attendibile, se non diviso per regioni almeno per macro-aree. Anche questa è comunicazione, buona comunicazione, per far capire il valore, il peso del comparto sul piano socio-economico. Ma le indagini costano, fare comunicazione costa…
Concludendo. Nell’articolo del Sole la collega Silvia Marzialetti ha dedicato ampio spazio al momento di crisi del comparto e alle misure annunciate dal ministro Lollobrigida a sostegno: 10 milioni di euro per la filiera pere, 2 milioni di euro per il kiwi, 9,4 milioni per gli agrumi e 20 milioni di prestiti cambiari in manovra a sostegno di tutto il settore. In particolare per le pere subito si sono levate voci per dire che 10 milioni non bastano. Allora quanti ce ne vogliono: 50? 100? Sicuramente più di 10. Quanti ne arriveranno? Nessuno lo sa, i margini in manovra sono strettissimi, vedremo. Certo una cosa si può dire: nulla sarà come prima per la pericoltura emiliano-romagnola, quindi è bene adeguarsi fin da subito. Bisogna cercare subito di salvare il salvabile dopo quest’ultima annata disastrosa, e poi però guardare avanti, fare buoni progetti, prendere atto che magari certe varietà non funzionano come una volta, che serve appunto innovazione, ricerca (che è quello che tutti ripetono). Dalle parole bisogna passare ai fatti. Altrimenti qui si fa solo ammuina…
Lorenzo Frassoldati
*direttore Corriere Ortofrutticolo e CorriereOrtofrutticolo.it
l.frassoldati@alice.it
LA SPREMUTA DEL DIRETTORE
L'ASSAGGIO
Sfoglia ora l'Annuario 2024 di Protagonisti dell'ortofrutta italiana
Sfoglia ora l'ultimo numero della rivista!