“GDO, O SI CAMBIA O SI MUORE”: GASBARRINO SCATENA IL DIBATTITO TRA BUYER E PRODUTTORI

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Migliaia di letture e centinaia di interazioni, sulla nostra pagina Linkedin, per il post dedicato alle perentorie dichiarazioni di Mario Gasbarrino in occasione della tavola rotonda organizzata venerdì scorso a Cinecittà nella giornata de “I Protagonisti dell’ortofrutta”.

L’affermazione secondo cui “se la GDO non cambia muore” ha raccolto plausi convinti di produttori, e non solo, ma anche qualche critica. E il manager campano, con un commento sotto al nostro post, ha voluto fare qualche puntualizzazione: “Il retail sta diventando una attività dal tasso di redditività sempre più basso e quindi diventa difficile, se non si riesce a trovare una strada nuova, immaginare di metterci i propri soldi, tutto qui. Non è una critica ad un settore nel quale ho lavorato, lavoro e ho guadagnato per quarant’anni: è solo sano realismo economico. Importante è provare a cambiare“.

In riferimento alla citata difficoltà di proporre ortofrutta di qualità nella distribuzione organizzata, c’è chi sposa in pieno la linea di Gasbarrino: “Commercializzare prodotti che facciano avvicinare il consumatore è una cosa complessa ma più che fattibile. Cominciamo mettendo le persone giuste al posto giusto”, il commento di Salvatore Mangione.

Meglio investire in agricoltura che in GDO? “Il problema non è produrre ma vendere“, fa presente il responsabile acquisti ortofrutta e IV Gamma di Cedigros Giancarlo Amitrano. “Le parole di Gasbarrino vanno sempre ascoltate con attenzione per recepire la provocazione, ma alcuni suoi spunti estremi se applicati alla lettera porterebbero l’incidenza del reparto sotto il 10% per mancanza di prodotto idoneo”.

Per Salvatore Garofalo, buyer Ortofrutta di Tati Paride SPA “occorre puntare sulla qualità l’innovazione e il servizio. La qualità nell’avere il coraggio a prescindere dai competitors di vendere consapevolmente frutta buona da mangiare partendo dalla stagionalità, le varietà e il tipo di raccolta; l‘innovazione intesa come avere il coraggio di puntare su varietà nuove e meno conosciute che costano di più in nome di un gusto più interessante a discapito di quelle ritenute classiche, più economiche ma anche meno interessanti; servizio inteso come necessità di ricostruire un mestiere, quello del fruttivendolo, che è stato distrutto con i self service“.

“Significa – conclude Garofalo – uscire fuori dalle logiche dei prezzi come atto rivoluzionario ma necessario. Con la qualità ed il valore quelli veri non ha mai chiuso nessuno. Ma occorre maggiore coraggio da parte di tutti!”.

Marco Rivoira, big della produzione frutticola, concorda e plaude: “Slegarsi dalla logica del prezzo, ridefinire il concetto di qualità, estremizzato a livello puramente estetica, ritrovare la mission quella di commercializzare un buon frutto”: questo bisogna fare”.

Interessante disamina anche quella di Vincenzo Cascone, controllo qualità di Mergamark: “Se sui banchi non c’è merce appetibile un po’ è colpa delle aziende che non hanno proposto merce di qualità, un po’ è dei buyer e dulcis in fundo è colpa di chi alla banchina di scarico non ha saputo dire: questa è respinta”.

Per Aldo Lanzetta “molte persone si improvvisano professionisti di questi settori: l’80% di chi fa questo mestiere non lo ama e quando non si ha passione ne risente soprattutto il cliente. Ci vuole più formazione!”

Ma Virgilio Massaccesi, direttore commerciale di Ortenzi, chiede e si chiede: “E chi lo spiega alle direzioni che l’acquisto va fatto sulla qualità e non sul prezzo?”.

Mirko Aldinucci
m.aldinucci@corriere.ducawebdesign.it

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