Mi pare ci sia parecchia confusione in questo momento nel mondo della produzione e diffusione del cibo.
Vediamo foto di scaffali vuoti in Inghilterra, foto di mini cicloni che distruggono piantagioni e serre a causa dei cambiamenti climatici, foto di prezzi da capogiro sui banchi vendita e di stipendi erosi dall’inflazione, notizie di agricoltori che dimezzano le produzioni per il caro energia e la mancanza di mano d’opera. C’è tutto ed il contrario di tutto.
Quali sono i punti fermi in tutto ciò? Il primo punto è che sicuramente il mondo della produzione e della distribuzione stanno cambiando e con esso anche la sensibilità dei consumatori. Pensate ai consumatori inglesi che sono senza pomodori o zucchine e noi produttori qui in italia che scartiamo e buttiamo la stessa merce per un semplice difetto alla buccia o per un calibro leggermente più piccolo. Questa è senz’altro la cartina al tornasole di decenni e decenni in cui le cosiddette “norme di qualità” imposte dalla GDO hanno fatto sì che oggi si butta quasi il 35% di prodotto già nelle aziende agricole, e nel mentre i consumatori non hanno nulla di che comprare o non possono comprare nulla perché tutto troppo caro. Un paradosso. Mi ricordo di un controllo qualità di una catena inglese presso il nostro magazzino e la loro richiesta di calibri assurdi, di controllo e conta dei cerotti, di tracciabilità fantascientifiche su imballaggi/plastiche/pedane, di shelf-life di 15 giorni sul fagiolino bio. Assurdità appunto, per questo non vendiamo più in Inghilterra da oltre 8 anni un solo chilo di ortaggi. Bisognerebbe fare un sondaggio oggi nel Regno Unito e chiedere: “vuoi tu cucinare una zucchina leggermente storta oppure vuoi tu non avere la possibilità di mangiare?”.
I prezzi sono alle stelle, lo so bene, ed anche noi produttori stiamo vendendo con prezzi alti, ma posso assicurarvi che coprono appena i costi di produzione su molti prodotti. Su altri prodotti invece c’è la corsa al rialzo. I buyer della GDO ti offrono cifre nettamente al di sopra della media pur di avere un prodotto sullo scaffale del proprio supermercato. Ci stupiamo alle volte per i prezzi che ci offrono e pensiamo di stare finalmente risanando le scarse economie delle nostre aziende agricole. Ed ecco che nel culmine dei prezzi alti tutti i media postano pomodori al banco con cifre da capogiro, indi allontanamento dei consumatori verso quel prodotto per almeno 3 mesi. Quindi i prezzi alti alla produzione è solo un fuoco fatuo che dura pochi giorni e poi si ritorna a prezzi ancora più bassi della media per scontare l’allontanamento dei consumatori verso un prodotto costosissimo. Un paradosso. Se potessimo eliminare i paradossi dalle nostre attuali pratiche commerciali sarebbe un toccasana per tutta l’agro-economia. Basterebbe mettere in vendita anche i prodotti con qualche difetto, non parlo di marcio o di muffa, ma solo di calibri difformi e lievi imperfezioni. Basterebbe non comprare quando la merce manca per evitare speculazioni al rialzo. Basterebbe adeguarsi anche alle logiche climatiche e non solo alle regole del mercato, non crolla il mondo se per 10 giorni mancano le carote perché in Sicilia piove ed è tutto allagato.
Le prossime tre sfide del mercato saranno la mancanza di cipolle (già in atto), la carenza di carote, e il ritardo nella raccolta delle patate. Vedremo come andrà a finire ma è sicuro che chi pagherà saranno sempre i consumatori finali: senza carote (anche se brutte ma commestibili), e noi agricoltori che scartiamo il 35% di quello che produciamo per lievi difetti.
GLI AGRI-PARADOSSI. PREZZI SU, PREZZI GIÙ. CHI PAGA PER I GRANDI CAMBIAMENTI CLIMATICI ED ECONOMICI
Mi pare ci sia parecchia confusione in questo momento nel mondo della produzione e diffusione del cibo.
Vediamo foto di scaffali vuoti in Inghilterra, foto di mini cicloni che distruggono piantagioni e serre a causa dei cambiamenti climatici, foto di prezzi da capogiro sui banchi vendita e di stipendi erosi dall’inflazione, notizie di agricoltori che dimezzano le produzioni per il caro energia e la mancanza di mano d’opera. C’è tutto ed il contrario di tutto.
Quali sono i punti fermi in tutto ciò? Il primo punto è che sicuramente il mondo della produzione e della distribuzione stanno cambiando e con esso anche la sensibilità dei consumatori. Pensate ai consumatori inglesi che sono senza pomodori o zucchine e noi produttori qui in italia che scartiamo e buttiamo la stessa merce per un semplice difetto alla buccia o per un calibro leggermente più piccolo. Questa è senz’altro la cartina al tornasole di decenni e decenni in cui le cosiddette “norme di qualità” imposte dalla GDO hanno fatto sì che oggi si butta quasi il 35% di prodotto già nelle aziende agricole, e nel mentre i consumatori non hanno nulla di che comprare o non possono comprare nulla perché tutto troppo caro. Un paradosso. Mi ricordo di un controllo qualità di una catena inglese presso il nostro magazzino e la loro richiesta di calibri assurdi, di controllo e conta dei cerotti, di tracciabilità fantascientifiche su imballaggi/plastiche/pedane, di shelf-life di 15 giorni sul fagiolino bio. Assurdità appunto, per questo non vendiamo più in Inghilterra da oltre 8 anni un solo chilo di ortaggi. Bisognerebbe fare un sondaggio oggi nel Regno Unito e chiedere: “vuoi tu cucinare una zucchina leggermente storta oppure vuoi tu non avere la possibilità di mangiare?”.
I prezzi sono alle stelle, lo so bene, ed anche noi produttori stiamo vendendo con prezzi alti, ma posso assicurarvi che coprono appena i costi di produzione su molti prodotti. Su altri prodotti invece c’è la corsa al rialzo. I buyer della GDO ti offrono cifre nettamente al di sopra della media pur di avere un prodotto sullo scaffale del proprio supermercato. Ci stupiamo alle volte per i prezzi che ci offrono e pensiamo di stare finalmente risanando le scarse economie delle nostre aziende agricole. Ed ecco che nel culmine dei prezzi alti tutti i media postano pomodori al banco con cifre da capogiro, indi allontanamento dei consumatori verso quel prodotto per almeno 3 mesi. Quindi i prezzi alti alla produzione è solo un fuoco fatuo che dura pochi giorni e poi si ritorna a prezzi ancora più bassi della media per scontare l’allontanamento dei consumatori verso un prodotto costosissimo. Un paradosso.
Se potessimo eliminare i paradossi dalle nostre attuali pratiche commerciali sarebbe un toccasana per tutta l’agro-economia. Basterebbe mettere in vendita anche i prodotti con qualche difetto, non parlo di marcio o di muffa, ma solo di calibri difformi e lievi imperfezioni. Basterebbe non comprare quando la merce manca per evitare speculazioni al rialzo. Basterebbe adeguarsi anche alle logiche climatiche e non solo alle regole del mercato, non crolla il mondo se per 10 giorni mancano le carote perché in Sicilia piove ed è tutto allagato.
Le prossime tre sfide del mercato saranno la mancanza di cipolle (già in atto), la carenza di carote, e il ritardo nella raccolta delle patate. Vedremo come andrà a finire ma è sicuro che chi pagherà saranno sempre i consumatori finali: senza carote (anche se brutte ma commestibili), e noi agricoltori che scartiamo il 35% di quello che produciamo per lievi difetti.
Roberto Giadone
imprenditore agricolo
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