“GUERRA” DELL’ACQUA SENZA VINCITORI IN SICILIA. LA RESILIENZA DEI PRODUTTORI

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La guerra per l’acqua in Sicilia, per il momento, non la vince nessuno. Sono bastati pochi giorni di pioggia per un armistizio (se così possiamo chiamarlo). Quanto durerà? Non si sa. Dipende da quanto e quando pioverà. Comunque sia, quello che è successo nei giorni scorsi nell’Isola dà la misura del problema, se ancora qualcuno non l’avesse chiaro.
Un tempo neanche troppo lontano (ci si riferisce anche a pochi anni fa) la guerra per l’acqua era tra città e campagne: quando i laghi artificiali (costruiti quasi sempre per lo sviluppo dell’agricoltura) a causa di siccità più o meno prolungate, cominciavano a svuotarsi, cominciava il balletto di cifre e delle disposizioni su come le risorse idriche disponibili dovessero essere spartite tra uso idropotabile e uso irriguo. A perdere, erano, ovviamente, sempre gli agricoltori.
La guerra per l’acqua che è balzata all’onore delle cronache giornalistiche e che ha visto contrapposti i sindaci dei Comuni dell’Ennese a quelli di San Cataldo e Caltanissetta si riferisce alle scarsissime risorse presenti nell’invaso dell’Ancipa, sui monti Nebrodi, sulla strada tra Troina e Cerami, entrambi Comuni in provincia di Enna. Questa guerra che riguarda solo le amministrazioni comunali che cercano di tutelare le proprie comunità.

Gli agricoltori, invece, ormai hanno da tempo scelto (non c’erano alternative) la via della resilienza. E hanno rimesso in funzione pozzi e pompe che non usavano da tempo. L’unica salvezza delle colture ortive e frutticole sono state le acque delle falde che però in in assenza di precipitazioni che le ricaricano, si approfondiscono sempre di più. Gli impianti di pompaggio spesso devono superare prevalenze di diverse decine di metri, superando non di rado i cento metri. Ne sanno qualcosa gli agrumicoltori – soprattutto quelli del Catanese – che hanno speso una fortuna tra gasolio ed energia elettrica pur di salvare impianti produttivi e raccolto. Altrettanto hanno dovuto fare i produttori di ortaggi nella fascia trasformata dove qualcuno ha già investito su un impianto di desalinizzazione aziendale. Già perché a furia di prelevare acqua dalla falda, nei terreni costieri può verificarsi un fenomeno irreversibile: l’intrusione della falda marina che va ad “inquinare” quella terrestre.
Difficile in questo contesto riuscire a trovare soluzioni per tutte le situazioni critiche. Cosa che, all’inizio del 2024, è stato chiesto a Dario Cartabellotta, attuale dirigente generale del Dipartimento regionale dell’Agricoltura quando è stato nominato Commissario per l’emergenza idrica in agricoltura. Un incarico che lo ha portato da una parte a decidere sulla destinazione della poca acqua irrigua, e dall’altra a indicare numerosi interventi in favore delle imprese agricole che hanno avuto bisogno di leggi ad hoc approvate dall’Assemblea Regionale Siciliana. Così come la norma che pone a a carico delle casse regionali i ruoli dei Consorzi di Bonifica (che quest’anno non hanno distribuito regolarmente l’acqua) e delle risorse – finora 15 milioni di euro presto probabilmente ampliabili a 35 – per interventi anti-siccità: laghetti, vasconi fuori alveo, ma anche captazione di sorgenti e trivellazione di pozzi. E ancora minidissaltori e opere finalizzate al riuso delle acque reflue per irrigare le colture agricole.

Inoltre, con le risorse residue del Psr Sicilia 2024-2022 sono stati messi a bando 50 milioni di euro che, raschiando il fondo del barile del programma siciliano, potrebbero arrivare a 100. Il bando a valere sulla sottomisura 5.1 finanzia diversi interventi. Tra questi molte sistemazioni idrauliche ma anche e soprattutto sistemi per razionalizzazione l’uso dell’acqua per le finalità agricole e zootecniche. Visto il trend delle piogge in flessione cosa che renderà sempre più difficile riempire gli invasi artificiali, per fronteggiare la carenza di acqua irrigua, è stato preferito dirottare molte risorse finanziarie sulla realizzazione di bacini di infiltrazione per la ricarica delle falde e lo stoccaggio sotterraneo e il recupero e il trattamento delle acque reflue. Particolare attenzione anche al miglioramento del rendimento grazie a sistemi di misurazione, controllo telecontrollo e automazione e alla gestione intelligente delle risorse idriche attraverso remote sensing e/o proximal sensing. Non escluso anche il finanziamento di piccoli impianti di desalinizzazione ai fini agricoli. Per progetti aziendali il contributo in conto capitale è pari all’80%. Al 100%, invece, per progetti consortili e/o comunali.
Infine le polemiche su una tranche di finanziamenti che la Regione Siciliana si è lasciata sfuggire. Cancellati quasi 104 milioni di euro di risorse del Fondo di Sviluppo e Coesione 2014/20 sui quali l’attuale presidente della Regione si smarca: “Si tratta di opere – si legge in una nota diramata da Palazzo d’Orleans – che avrebbero dovuto conseguire ‘un’obbligazione giuridicamente vincolante’ entro il 31 dicembre 2022. Tempistica che ha reso nei fatti impossibile all’attuale governo regionale, entrato nelle piene funzioni il 16 novembre di quell’anno, completare l’intero iter amministrativo che aveva come presupposto la presentazione dei relativi progetti”. In quello stanziamento perduto – o per meglio dire ritornato nelle casse nazionali – c’era la copertura finanziaria di molti interventi su dighe e condotte idriche.
Angela Sciortino

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