Autunno è anche tempo di mele, a cui sono da sempre attribuiti poteri benefici. Basti pensare al famoso antico detto: «Una mela al giorno toglie il medico di torno».
Che cosa c’è di vero nel proverbio secondo le più recenti evidenze scientifiche? La mela, oltre a conservarsi bene tutto l’anno (e quindi a essere sempre disponibile), è sicuramente uno dei frutti maggiormente ricchi di sostanze fitochimiche con potenzialità protettive.
Danno ossidativo
Queste sostanze, presenti soprattutto nella buccia, come spiega il Corriere della Sera in un articolo dedicato alle proprietà del frutto, «si concentrano nell’involucro esterno per proteggere il frutto dai danni da radiazioni solari — specifica Ettore Corradi, direttore della Struttura Complessa di Dietetica e Nutrizione clinica della Asst Grande Ospedale Metropolitano Niguarda di Milano —, quindi sono sostanze fitochimiche che possono agire contro il danno ossidativo e contro l’infiammazione e questo, applicato alla salute dell’uomo, si traduce in effetti protettivi contro alcuni tipi di tumore, contro le malattie cardiovascolari e metaboliche (come il diabete)».
Lo mostrano alcuni studi epidemiologici effettuati sul consumo di mele (spesso associate alle pere): lo studio Epic (European Prospective Investigation into Cancer and Nutrition 2006-2007), ad esempio, che collega l’elevato consumo di mele con una bassa incidenza di tumore a polmone e vescica, oppure lo studio americano Nhs (Nurses’ Health Study) che analizza il consumo di mele in relazione a una bassa incidenza di tumore al polmone.
I composti fenolici
Le sostanze più studiate riguardo a questi effetti sono di fatto i composti fenolici, che possono essere distinti nei due gruppi principali: i flavonoidi e gli acidi fenolici, che abbondano nelle mele. «Bisogna fare una puntualizzazione — specifica Corradi —, un conto è studiare in vitro l’azione dei flavonoidi, che si è vista essere molto potente, un conto è la biodisponibilità degli stessi quando si mangi il frutto: ad esempio, l’ingestione di una mela intera ottiene effetti metabolici completamente diversi rispetto al gustare la polpa senza buccia o i succhi e le spremute, perché al loro interno mancano le fibre, che hanno invece un forte effetto di tipo prebiotico e permettono ai composti benefici di essere molto meglio assorbiti».
Alcuni tipi di flavonoidi stanno soprattutto nella buccia, infatti, e la loro biodisponibilità cambia anche rispetto al colore della mela e alla sua tipologia, come si vede dal grafico (sopra) che mostra la concentrazione di polifenoli nella buccia e nella polpa di sei tipologie di mele in commercio, da cui si evince che la regola generale per assorbire al massimo tutte le sostanze nutritive preziose con il consumo di una mela rimane quella di mangiare il frutto intero, ma senza focalizzarsi su una sola tipologia: «L’assunzione della maggior varietà possibile ci garantisce una miglior copertura del fabbisogno di tutti i nutrienti — osserva Corradi —. In genere, dal punto di vista nutrizionale, quello che sappiamo attualmente è che non ci si dovrebbe focalizzare troppo su un singolo nutriente o su un singolo alimento, ma più su uno stile di vita alimentare, con una dieta ricca in verdura e frutta in cui le porzioni di frutta devono essere almeno due o tre al giorno».
Opzione biologica
Altri consigli per il consumo salutare delle mele sono scegliere l’opzione biologica, che, con le attuali normative, deve però essere certificata, e preferite i prodotti locali: non è il caso della mela in particolare, ma alcune sostanze (come la vitamina C) sono volatili e un prodotto che debba fare tanta strada disperde le sostanze nel viaggio.
Quando è meglio consumare il frutto? «Non ci sono evidenze scientifiche sufficienti per consigliare di mangiare una mela in un determinato momento della giornata, ma suggerirei di utilizzarla come spuntino. Ci farebbe arrivare al pasto successivo meno affamati e sarebbe uno snack di elevata qualità rispetto a merendine e cibi ultra-processati», continua l’esperto.
Una mela al giorno fa davvero bene a tutti? «Le malattie croniche degenerative hanno una matrice comune, cioè un’alimentazione che passa da un eccesso calorico a una povertà di sostanze protettive antiossidanti e antinfiammatorie; quindi, una dieta ricca in prodotti protettivi (come le mele) potrebbe andare bene trasversalmente per cardiopatici, diabetici e obesi».
I diabetici
Anche i diabetici possono mangiare una mela? «Se il soggetto ha un diabete compensato con i farmaci e se parliamo di un frutto intero, è assolutamente indicato, perché la pectina (fibra di cui è ricca la mela) aiuta nella biodisponibilità dei nutrienti protettivi e rallenta l’entrata degli zuccheri semplici nel sangue, contribuendo a contenere i picchi glicemici», osserva Ettore Corradi.
Le porzioni da rispettare, secondo le Linee guida (elaborate dal CREA), sono 2-3 al giorno (150 g al netto degli scarti e 100 g per la frutta più zuccherina come banane, fichi, uva, cachi).
La prima regola per i diabetici è di non consumare la frutta a digiuno. Per minimizzare l’impatto del fruttosio, infatti, è bene accompagnarla con altri alimenti, soprattutto quelli che aiutino ad abbassare il picco glicemico (quindi cibi ricchi in fibra, proteine o grassi buoni).