Il patto tra Spagna e Francia per difendere le proprie produzioni, il presunto silenzio dell’Italia in materia di Pac e rappresentanza in Europa, con le reazioni degli enti di categoria tra cui il presidente della Cia Giuseppe Politi, e altri temi ancora hanno portato a una serie di commenti sul profilo facebook del Corriere Ortofrutticolo che in parte riportiamo qui di seguito.
Ferdinando Roncato, direttore dell’Unione Generale Coltivatori Copagri di Forlì-Cesena, si domanda: “Che cosa ne dobbiamo fare della nostra produzione frutticola? Continuare ad illudere gli agricoltori che le loro pesche saranno pagate più del costo di produzione? È meglio essere franchi”.
Giacomo Gasparre racconta in prima persona la sua difficile situazione: “Ho perso la volontà di lavorare. Sono un produttore di uva da tavola e stiamo vendendo l’uva sulla pianta ad un massimo di 40 centesimi al chilo, quando ci costa 50 centesimi. Mi domando: perché in Italia i fitofarmaci costano un sacco di soldi? perché sulle scatole non c’è il prezzo imposto? Cominciamo a diminuire i costi di produzione per arrivare alla filiera commerciale. Qualcuno ci dia delle informazioni al riguardo…”
Matteo Selleri analizza la situazione del comparto ortofrutticolo italiano: “L’Italia è ufficialmente ai primi posti tra i Paesi industrializzati (e qui Selleri aggiunge tra parentesi un bel punto di domanda), quindi da noi chi opera in agricoltura è marginalizzato. Chi fa l’economia agricola sarebbe una forza notevole se fosse più coesa, non dico grande, ma più unita, pur nel rispetto delle differenze e tipicità. I silenzi, invece, fanno parte del galleggiamento istituzionale, troppo preso da sè stesso e a lasciare soli i produttori a lottare con mediatori e la GD sempre più forti e cinici”.
A Selleri risponde ancora Roncato: “Matteo c’è un fondo di verità in quello che dici: da venticinque anni seguo per lavoro l’agricoltura e gli agricoltori, e ti posso garantire che ho visto i produttori agricoli molte volte in difficoltà. Io stesso ho vissuto l’abbandono nel tempo, della nostra classe politica, tanto come dici nel tuo post noi siamo un paese industriale e basato anche sull’agricoltura, che ha arricchito questa nazione, ma oggi non interessa più a chi ci governa, tanto e vero che noi a Bruxelles non siamo rappresentati da nessun uomo di governo o chi per esso, noi andiamo sempre a vedere cosa ci lasciano gli altri: vedi zucchero, pomodoro, vino, latte, ed ora frutta. Da lì, se ci fosse buona volontà, bisognerebbe partire”.
Visitate il nostro sito e la nostra pagina facebook (qui), commentate i link delle news. I migliori commenti verranno pubblicati sul sito internet del Corriere Ortofrutticolo e sul mensile.
I TEMI CALDI DEL SETTORE: FIOCCANO I COMMENTI SUL PROFILO FACEBOOK DEL CORRIERE
Il patto tra Spagna e Francia per difendere le proprie produzioni, il presunto silenzio dell’Italia in materia di Pac e rappresentanza in Europa, con le reazioni degli enti di categoria tra cui il presidente della Cia Giuseppe Politi, e altri temi ancora hanno portato a una serie di commenti sul profilo facebook del Corriere Ortofrutticolo che in parte riportiamo qui di seguito.
Ferdinando Roncato, direttore dell’Unione Generale Coltivatori Copagri di Forlì-Cesena, si domanda: “Che cosa ne dobbiamo fare della nostra produzione frutticola? Continuare ad illudere gli agricoltori che le loro pesche saranno pagate più del costo di produzione? È meglio essere franchi”.
Giacomo Gasparre racconta in prima persona la sua difficile situazione: “Ho perso la volontà di lavorare. Sono un produttore di uva da tavola e stiamo vendendo l’uva sulla pianta ad un massimo di 40 centesimi al chilo, quando ci costa 50 centesimi. Mi domando: perché in Italia i fitofarmaci costano un sacco di soldi? perché sulle scatole non c’è il prezzo imposto? Cominciamo a diminuire i costi di produzione per arrivare alla filiera commerciale. Qualcuno ci dia delle informazioni al riguardo…”
Matteo Selleri analizza la situazione del comparto ortofrutticolo italiano: “L’Italia è ufficialmente ai primi posti tra i Paesi industrializzati (e qui Selleri aggiunge tra parentesi un bel punto di domanda), quindi da noi chi opera in agricoltura è marginalizzato. Chi fa l’economia agricola sarebbe una forza notevole se fosse più coesa, non dico grande, ma più unita, pur nel rispetto delle differenze e tipicità. I silenzi, invece, fanno parte del galleggiamento istituzionale, troppo preso da sè stesso e a lasciare soli i produttori a lottare con mediatori e la GD sempre più forti e cinici”.
A Selleri risponde ancora Roncato: “Matteo c’è un fondo di verità in quello che dici: da venticinque anni seguo per lavoro l’agricoltura e gli agricoltori, e ti posso garantire che ho visto i produttori agricoli molte volte in difficoltà. Io stesso ho vissuto l’abbandono nel tempo, della nostra classe politica, tanto come dici nel tuo post noi siamo un paese industriale e basato anche sull’agricoltura, che ha arricchito questa nazione, ma oggi non interessa più a chi ci governa, tanto e vero che noi a Bruxelles non siamo rappresentati da nessun uomo di governo o chi per esso, noi andiamo sempre a vedere cosa ci lasciano gli altri: vedi zucchero, pomodoro, vino, latte, ed ora frutta. Da lì, se ci fosse buona volontà, bisognerebbe partire”.
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