IL GRUPPO MAZZONI RICATTATO DALLA ‘NDRANGHETA RIFIUTA IL PIZZO

Condividi

C’è anche la Cico-Mazzoni tra le aziende agricole vittime della cosca di ’ndrangheta Forastefano, decapitata dalla squadra mobile di Cosenza. Il gruppo ferrarese di Tresigallo, uno dei colossi dell’ortofrutta nazionale, è attivo anche in alcuni ‘feudi’ calabresi del clan, come la piana di Sibari, in provincia di Cosenza.

Come sottolinea un articolo de Il Resto del Carlino, i responsabili della Mazzoni hanno però avuto la forza e il coraggio di dire no alla richiesta di ‘pizzo’, sottraendosi così al meccanismo ritorsivo a cui la cosca voleva piegarli attraverso minacce di ritorsioni, furti, danneggiamenti o incendi di beni aziendali nel caso di un loro rifiuto.

Stando a quanto emerge dalle carte dell’inchiesta, il capoclan Pasquale Forastefano e i suoi uomini avrebbero cercato di estorcere alla Mazzoni somme di denaro in cambio di protezione per la loro attività. Per farlo, secondo le accuse, avrebbero fatto pressioni su Mauro Bonamini e Mario Mazzoni, il primo rappresentante e il secondo amministratore della società ferrarese. In un’occasione, si legge nell’ordinanza del gip di Catanzaro Paola Ciriaco, gli uomini del clan, “evocando allusivamente la compagine mafiosa di cui facevano parte e facendone percepire la capacità di tutelare l’integrità della struttura imprenditoriale” o “la capacità di ritorsione”, avrebbero cercato di costringere Bonamini a pagare diecimila euro in cambio di protezione per un magazzino della Mazzoni a Cammarata di Castrovillari. Un tentativo di estorsione che però quella volta non è andato a segno, proprio grazie al netto rifiuto di Mario Mazzoni. Dalle carte trapela poi un’altra richiesta di denaro ai vertici della società: 35mila euro per ‘comprare’ protezione ed evitare ritorsioni in riferimento al periodo compreso tra il 2016 e il 2018.

Le indagini nei confronti della cosca dei Forastefano, che hanno portato all’arresto di diciassette persone nella Sibaritide, sono durate tre anni. A portarle avanti sono stati gli uomini della squadra mobile di Cosenza e del Servizio centrale operativo della polizia di Stato. A dirigere l’inchiesta sono stati il procuratore Nicola Gratteri (nella foto), l’aggiunto Vincenzo Capomolla e il pm antimafia Alessandro Riello. Le persone finite in carcere sono dieci, mentre altre sette sono state messe ai domiciliari. Tra i soggetti coinvolti nell’indagine ci sono anche un commercialista e un avvocato della zona. Le carte dell’inchiesta parlano di diversi episodi estorsivi e intimidatori, ricostruiti attraverso intercettazioni e dichiarazioni. Tra questi, oltre alla vicenda che ha riguardato l’azienda ferrarese, figura anche il caso di una società di trasporti, il cui titolare si è visto spogliare dei mezzi e soppiantato nei rapporti che aveva con un’altra azienda a beneficio di una ditta controllata dal clan.

(fonte Il Resto del Carlino)

Sfoglia ora l'Annuario 2024 di Protagonisti dell'ortofrutta italiana

Sfoglia ora l'ultimo numero della rivista!

Join us for

ISCRIVITI ALLA NOSTRA NEWSLETTER QUOTIDIANA PER ESSERE AGGIORNATO OGNI GIORNO SULLE NOTIZIE DI SETTORE