“La richiesta dell’India di applicare ai prodotti europei l’OGM free mi sembra un falso problema. La questione in realtà è una sola: la faccenda è ingessata dalla burocrazia. Gli indiani vogliono una certificazione OGM free? Quale è il problema? Diamogliela. Anche perché vorrei ricordare che in Europa, e ovviamente anche in Italia, è vietato produrre prodotti geneticamente modificati”.
A parlare è Marco Rivoira (nella foto), amministratore delegato dell’omonimo gruppo piemontese, che interviene sulla questione legata alle richieste da parte dell’associazione degli importatori indiani che ha imposto nuove regole alle merci in entrata nel Paese asiatico, tra cui la certificazione non OGM per i prodotti ortofrutticoli freschi. Sull’argomento è intervenuta anche Freshfel chiedendo l’intervento dell’Ue.
“Sono ottimista che la vicenda, che ha dell’assurdo, si risolva. Servirebbe davvero poco. Un pezzo di carta, una scritta OGM free”. Ma se non accadrà nulla, le conseguenze per il settore potrebbero essere pesanti. “Solo per il comparto delle mele italiane destinati all’India sono previsti 1.500 container di prodotto per un valore di circa 30 mila dollari ciascun contenitore. Quindi 45 milioni di dollari di perdite (circa 37 milioni di euro)”. Un danno economico quindi molto rilevante in un anno tra l’altro in cui, secondo l’imprenditore piemontese, il mercato indiano è particolarmente ricettivo chiedendo molta ortofrutta, mele comprese. “In India sono scarichi di merce, hanno fame di produzioni ortofrutticole”.
L’andamento della stagione. Rivoira sempre più “export oriented”
Dando uno sguardo più generale alla stagione, comunque, il settore melicolo non può lamentarsi. “I decumoli della merce procedono spediti. Dopo un inizio balbettante, da ottobre in poi l’export è viaggiato a vele spiegate”, afferma Rivoira. Per il gruppo cuneese, tra i big italiani nell’esportazione, l’annata 2020-21 si sta dimostrando sempre più “export oriented”. “Stiamo andano molto bene in Centro e Sud America, in Medio Oriente. L’unico scoglio, a volte, è la giusta valorizzazione del prodotto in termini di prezzo. Le richieste sono molte ma, specie per la situazione che si è generata a livello globale a causa della pandemia, è difficile sfondare alcune “barriere” commerciali. Ma ci riteniamo comunque soddisfatti”.
Dall’inizio della campagna commerciale melicola, partita l’estate scorsa, Rivoira ha venduto ben il 78% delle proprie mele al di fuori dei confini nazionali: il 28% in Europa e ben il 50% fuori dal Vecchio Continente. Nel Belpaese è rimasto solo il 22% del prodotto spedito.
Entrando nel dettaglio il 21% delle mele di Rivoira prendono la via del Medio Oriente e in particolar modo dell’Arabia Saudita, seguite da Germania (16%), Brasile (13%), Spagna (11,5%), Egitto (8,5%). “L’India come detto sta aumentando le richieste. Vogliono fare programmazione per i prossimi mesi. A maggior ragione serve sbloccare al più presto l’assurda questione delle certificazioni anti OGM.”
Sulle tipologie di mele, infine, Rivoira conferma le ottime performances delle varietà a club, a partire da Ambrosia, su cui siamo al 67% del venduto. Pensavamo di arrivare a fine aprile con le vendite. Ma le richieste altissime rischiano di farci chiudere prima: la domanda è superiore all’offerta di prodotto”.
Emanuele Zanini