Che sul mercato europeo il limone made in Italy stesse diventando sempre più un prodotto “di nicchia” è una considerazione a cui negli ultimi anni abbiamo fatto l’abitudine; se lo sia diventato anche in Italia, invece, è un tema che merita una riflessione.
Prendendo in considerazione i dati Eurostat relativi al periodo 2011-2021, si può notare che la superficie coltivata a limoni in Italia, con l’eccezione di un temporaneo incremento nel triennio 2015-2017, si mantiene pressoché inalterata, registrando un +4,8%, mentre in Spagna, principale concorrente, registra un’espansione del 28%.
Interpretando il grafico, la Spagna adotta un approccio commerciale volto allo sviluppo della propria quota di mercato, sfruttando le economie di scala e l’efficientamento della filiera per incrementare la rete commerciale soprattutto in Nord Europa dove la disponibilità di prodotto e i prezzi contenuti costituiscono un fattore di preferenza più importante dell’origine.
Grazie all’alternarsi delle differenti varietà, il prodotto spagnolo è disponibile sul mercato per circa 10 mesi all’anno, fattore che insieme ad una strategia di contenimento del prezzo (l’incremento del prezzo medio del prodotto spagnolo è stato di 15 punti percentuali, meno della metà di quanto registrato dall’Italia) costituisce un elemento di preferenza non indifferente per il segmento della GDO.
Per contro, l’offerta del limone italiano si rivolge ad una fetta di mercato che si è mantenuta pressoché costante nell’ultimo decennio e che può dunque ritenersi “fidelizzata”: si tratta del consumatore affezionato al made in Italy e disposto a pagare un prezzo premium. Si tratta pertanto di un consumatore che potremmo definire “di nicchia”.
Rimane tuttavia un dubbio: quanto senso ha una strategia commerciale di “nicchia” per un prodotto che a tutti gli effetti si configura come una commodity? Ovvero, se la fidelizzazione del consumatore fosse un elemento così forte nella decisione d’acquisto, perché in Italia (dove la valorizzazione del made in Italy è ancor più sentita) i volumi delle importazioni registrano un continuo incremento?
Secondo i dati Faostat, negli ultimi 45 anni il volume delle importazioni di limoni nel nostro Paese è passato da un valore irrilevante a circa 120.000 tonnellate annue (+ 16% nell’ultimo decennio) mentre la produzione nazionale è diminuita del 40% e le esportazioni del 73%.
La “nicchia di mercato” sembrerebbe piuttosto “il dito” dietro cui ci si vuole nascondere: perché, ahimè, un limone, a prescindere dall’origine, per il mercato globalizzato è pur sempre (soltanto) un limone e i dati suggeriscono che rivolgersi solo alla “nicchia”, potrebbe condurci all’irrilevanza commerciale
Cosimo Papa