LA RUSSIA FA ACQUISTI DI PIANTE DI MELE IN ITALIA (E NON SOLO): “SARÀ AUTOSUFFICIENTE ENTRO POCHI ANNI”

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Gli esportatori di pomacee italiani rischiano di dire addio definitivamente al mercato ortofrutticolo russo dove, a causa dell’embargo che si protrae da quattro anni, iniziano a essere ‘rimpiazzati’ da nuovi competitor, prima di tutti gli stessi russi e i Paesi dell’Asia centrale che hanno iniziato a produrre massivamente soprattutto mele. Sul fronte drupacee, nota spina nel fianco del settore primario italiano, la concorrenza viene invece dall’est-Europa. 

Secondo i dati di Fruitimprese il gap di mercato dell’export ortofrutticolo made in Italy in Russia, riguarda circa 50mila tonnellate di mele (dati export 2012); oltre 5mila tons di pere e circa 20mila tonnellate di drupacee tra pesche, nettarine, susine e albicocche pari ad una perdita complessiva, in termini di fatturato, di circa 50 milioni di euro all’anno.

Gli operatori stimano che, per quanto riguarda le mele, il colosso sovietico potrebbe raggiungere l’autosufficienza produttiva in quattro/otto anni anche in considerazione delle “decine di milioni di piante che – secondo una stima di Silvia Salvi (nella foto sopra), alla guida della Salvi Vivai – la Russia acquista ogni anno presso i principali vivaisti europei, non solo italiani ma anche francesi, spagnoli e tedeschi per la creazione di grandi impianti produttivi nell’area di Krasnodar, in Crimea e nei Paesi limitrofi dell’Asia centrale”.

Più difficile, invece, creare una produzione su larga scala per le pere che sono un prodotto particolare e più delicato.

Una fonte attendibile ci riferisce di una varietà club di mela italiana, non ancora brevettata, che sarebbe al test in due grandi aziende agricole di Krasnodar. Questa mela sarebbe già stata proposta da un noto vivaio italiano, alle principali catene della Gdo russa come la Tabris che sarebbero attendendo gli esiti dei test su campo per iniziare a ragionare sulla possibilità di sviluppare un marchio commerciale su quella che – se tutto prosegue senza intoppi, da qui a quattro anni – potrebbe essere la prima varietà club ‘made in Russia’.

“A seguito dell’embargo – spiega Luigi Mazzoni dell’omonima azienda – l’incremento della vendita di piante verso la Russia è aumentato in maniera inversamente proporzionale al calo delle esportazioni. Per quanto riguarda la nostra azienda, se prima dell’embargo la vendita di piante al mercato sovietico era pari a zero adesso, in quattro anni, è arrivata ad occupare il 15% del nostro fatturato. Tuttavia gli ordini non sono costanti. Ci sono anni che arrivano richieste massicce, fino a 300mila piante, e anni in cui non vendiamo nulla”.

A garantire l’approvvigionamento ortofrutticolo russo non sono solo le grandi (e nuove) piantagioni che si affacciano sul Mar Nero ma anche quelle di alcuni Paesi limitrofi come Kazakhstan, Azerbaijan e Uzbekistan dove pure si registra un incremento di acquisti di piante e dove, per via dei grandi giacimenti di gas e petrolio, non mancano certo i capitali per sostenere gli ingenti investimenti agricoli e infrastrutturali necessari per la costruzione praticamente da zero delle filiere che oggi pagano lo scotto di un settore primario molto arretrato.

“Da quest’anno – ci fanno sapere dal vivaio Malleier specializzato nella produzione melicola – abbiamo iniziato a vendere anche in Uzbekistan ma in Russia no. Il problema principale è che loro richiedono grandi quantitativi che noi non abbiamo anche perché i nostri volumi, circa un milione di piante l’anno, sono già assegnati ai mercati consolidati quali Grecia, Portogallo, Ucraina, Slovenia e Marocco. Attualmente, anche per assecondare le richieste del mercato, siamo in fase di espansione moderata e piantiamo con una crescita di circa 100mila piante in più all’anno. Produciamo Gala, Fuji, Golden, Granny ed in lista abbiamo anche la varietà Bonita che non è una varietà propriamente club ma può essere acquistata solo tramite contratto specifico (consorzio)”.

La perdita di mercato in Russia non riguarda solo il comparto melicolo ma anche quello delle drupacee.

“Su questo fronte – ci spiega Giancarlo Minguzzi, a capo dell’omonima azienda di Alfonsine (Ravenna) e presidente di Fruitimprese Emilia-Romagna – i nostri nuovi competitor sono, fra gli altri, la Romania, la Bulgaria e Moldavia che sono grandi produttori di susine e che negli ultimi tre anni hanno aumentato la loro capacità produttiva di almeno il 20%. A questi Paesi si aggiunga anche, in caso di fine dell’embargo europeo, la Grecia che sta espandendo i propri areali di pesche, kiwi, mele e pere”.

Mariangela Latella

 

In allegato qui i dati export dell’Italia verso la Russia e dall’Europa verso la Russia negli ultimi tre anni pre-embargo

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