LA SIGNORA URSULA SULLA GRATICOLA, A SETTEMBRE RISCHIA IL POSTO

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La ‘lenta agonia’ dell’Europa, predetta dal nostro ex presidente del Consiglio, Mario Draghi, in autunno potrebbe fare la vittima più illustre: la stessa presidente della Commissione UE Ursula von der Leyen. La sollevazione del mondo agricolo europeo davanti alla proposta di Quadro Finanziario Pluriennale (QFP) 2028-2034 – fatta il 16 luglio scorso, non a caso ribattezzato il “mercoledì nero” della Commissione Ursula 2 – non solo ha fatto perdere in un colpo solo alla presidente tedesca la fiducia di pezzi della sua maggioranza (socialisti e liberali) e le è costato la rivolta di mezzo Europarlamento; ma non è niente rispetto alla chiusura della trattativa su dazi Usa-UE con la dichiarazione congiunta dei primi di agosto che ha sancito la tariffa del 15% annunciata da Trump e che agli occhi di tutti gli osservatori si è trasformata in una nuova Caporetto per l’Europa, una resa davanti ai diktat di Trump. Il giudizio di sintesi l’ha pronunciato proprio un giornale tedesco, Die Welt, che ha titolato:  “Questa Ue è alla fine”. Facciamo un passo indietro.

All’annuncio (a sorpresa) dei contenuti del QFP col taglio alle risorse della PAC dal 20 al 40% (senza e con l’inflazione, secondo l’analisi del prof. Angelo Frascarelli) l’Europa agricola si è ribellata ed è scesa in piazza. Una rabbia alimentata anche dal voltafaccia della presidente, che in primavera aveva blandito con promesse zuccherose il mondo agricolo, giurando sulla sua strategicità, promettendo coinvolgimento e ascolto delle comunità, ecc ecc.

In Italia Coldiretti aveva dichiarato guerra alla Commissione UE e alla sua presidente, con toni durissimi (“vuole distruggere l’agricoltura europea”). CIA e Confagricoltura sulla stessa linea, seppur con toni più moderati. In Spagna stessi toni durissimi e polemici contro la Commissione. Arriviamo ad agosto con la chiusura della trattativa dazi con gli USA e la dichiarazione congiunta. E qui si scopre che l’agroalimentare italiano non ottiene nessuno sconto anzi viene sacrificato sull’altare dell’automotive. “Una resa”, “una stangata” sono i commenti generali. Nessuna esenzione per vino, liquori, aceti, nostri campioni di export in USA. Coldiretti parla di danni per 1 miliardo di euro. L’ortofrutta è toccata solo marginalmente dalla manovra-dazi (esportiamo kiwi per 40-50 milioni) ma viene colpito negativamente il comparto macchine agricole e tecnologie per l’ortofrutta. E comunque per un Paese esportatore come il nostro tutto diventa più difficile in un mondo popolato di dazi e barriere tariffarie. La Commissione UE e la sua presidente tornano pesantemente nell’occhio delle polemiche.  “La principale accusa è l’incapacità di Ursula von der Leyen di comprendere il mondo di Trump e il negoziato della coercizione praticato dal presidente americano. Il suo capo di gabinetto e connazionale, Bjoern Seibert, si è reso conto dell’errore quando ha ricevuto la lettera in cui Trump minacciava gli europei di portare i dazi doganali al 30 per cento per costringerli alla resa”, scrive il Mattinale Europeo, notiziario ben informato sulle vicende di Bruxelles. La presidente Von der Leyen viene accusata di avere subìto e accettato una umiliazione dell’Europa, di non avere voluto adottare contromisure ai dazi di Trump, di avere sottoscritto impegni-capestro per l’Europa come i 600 miliardi di dollari da investire in USA e ad effettuare acquisti strategici per un valore di 750 miliardi di dollari in gas, petrolio ed energia nucleare americani. L’ex commissario francese all’Industria Thierry Breton ha commentato: “Non è possibile, la presidente della Commissione non ha alcun mandato per imporre alle aziende di investire”.

Il Mattinale Europeo conclude: “Ursula von der Leyen non è più in auge… Cosa potrà annunciare per riguadagnare credito durante il suo discorso sullo stato dell’Unione a settembre davanti al Parlamento Europeo? I deputati non nascondono più la loro sfiducia verso la presidente della Commissione dopo la presentazione di un progetto di bilancio pluriennale concepito dal suo capo di gabinetto e dalla direttrice generale del Bilancio senza consultazione con i Commissari. Il metodo Ursula è sempre più contestato. Non è adatta ad affrontare le nuove sfide e ad evitare all’Ue la lenta agonia predetta dall’ex presidente del Consiglio italiano, Mario Draghi”. Poi lo stesso Draghi si è presentato al Meeting di Rimini con un discorso traumatico imperniato sull’illusione ‘evaporata’ di una Europa che conta, tra dazi USA, Ucraina, Medio Oriente e aggressività cinese. Toni molto simili a quelli usati dal presidente francese Macron dopo l’accordo-dazi: “L’Europa non si considera ancora una potenza. Per essere liberi, bisogna essere temuti. Non siamo stati sufficientemente temuti”. A settembre in tanti scommettono su un regolamento di conti in Europa con la signora Von del Leyen in veste di principale imputata. 

Lorenzo Frassoldati

direttore del Corriere Ortofrutticolo e di corriereortofrutticolo.it

frasso51@gmail.com

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