Dopo la chiusura forzata nell’ottobre 2013 di Pokrovskaya, il principale mercato ortofrutticolo all’ingrosso di Mosca, il commercio nella capitale ha dovuto riposizionarsi. Quasi tutti gli operatori si sono trasferiti a Hlebnikovo, una struttura a nord di Mosca, a dieci minuti dall’aeroporto di Sheremetevo.
Qui hanno potuto sfruttare a pieno il mercato di dicembre, storicamente il periodo più importante per fatturato e volumi trattati. Nelle 4-5 settimane che hanno preceduto il Natale ortodosso, nella nuova struttura sono stati venduti dai 350 ai 500 camion di ortofrutta di importazione al giorno. Secondo alcuni operatori i volumi che si erano realizzati nel 2012 erano notevolmente superiori, con punte anche di oltre 600 camion al giorno. Ma il passaggio 2013/2014 ha portato una combinazione di sfide strutturali che stanno ridisegnando i contorni del settore. Oltre alla chiusura data ufficiosamente per definitiva di Prokovskaya, la nuova municipalità moscovita ha deciso di fare pulizia per rendere la capitale più presentabile, anche in occasione delle Olimpiadi di Sochi.
Molti turisti transiteranno da Mosca e le autorità hanno deciso di chiudere circa una trentina di mercati cittadini in cui veniva venduta l’ortofrutta di seconda qualità. Si trattava di strutture poco presentabili al ricco pubblico di turisti olimpici, ma che avevano un ruolo centrale nell’economia del settore. Non è da escludere che, oltre alle motivazioni ufficiali che riguardavano principalmente gli aspetti igienico-sanitari, i provvedimenti di chiusura siano stati emanati per favorire le potenti lobby della grande distribuzione russa. Quindi la capacità di assorbimento di merce di seconda qualità (spesso dovuta a reclami all’arrivo) risulta adesso decimata: oggi si contano sulle dita di una mano i mercati rionali rimasti aperti a Mosca. Questo signIfica che le conseguenze economiche di un reclamo saranno ancora più incisive per gli operatori coinvolti.
Questi provvedimenti hanno contribuito a un calo del consumo di ortofrutta che in Russia era già in atto. La difficile situazione economica ha ridotto i redditi disponibili al consumatore che si è orientato su acquisti diversi. Molti operatori imputano anche alla scarsa professionalità dei supermercati le difficoltà di un settore ormai maturo. In confronto agli standard europei un punto vendita di un qualsiasi supermercato russo mostra difetti anche gravi nella gestione del prodotto. I fornitori russi ed europei sono spesso impotenti di fronte alle richieste dei supermercati: l’imprevedibilità dei reclami dopo la vendita e le richieste di ristorni a fine stagione diventando in ricatto insopportabile per gli operatori.
Al generale clima di incertezza ha contribuito anche la forte svalutazione del rublo, che a fine gennaio ha perso circa il 10% in pochi giorni nei confronti di euro e dollaro. Gli operatori, anche a causa del difficile clima economico, hanno scarsi strumenti per potersi coprire dei rischi di cambio: le banche operano con interessi del 15% e il mercato non è disposto a concedere aumenti di prezzo per coprire i rischi di oscillazione del cambio. Solo gli operatori finanziariamente più solidi riescono a fare fronte a questo clima economico. Neanche i supermercati sembrano essere tra questi, siccome i fornitori lamentano un peggioramento nelle dilazioni di pagamento. I termini standard sono passati da 30 a 45 giorni ma molti operatori ricevono il pagamento solo dopo molti mesi e a costo di deduzioni arbitrarie. Secondo un operatore di Hlebnikovo ormai solo il 20% dei clienti del settore riesce a fare fronte ai pagamenti alle scadenze stabilite.
In questo quadro l’Italia deve fare uno sforzo per riposizionarsi e invertire il trend negativo che ne ha caratterizzato le esportazioni verso la Russia: qualità, continuità di fornitura, affidabilità, reputazione di marca, prezzi competitivi e presenza professionale sono le coordinate di una presenza commerciale che negli ultimi anni ha lasciato troppo spazio ai concorrenti.
Thomas Drahorad