In dieci anni la produzione italiana di frutta fresca è calata di circa un terzo, passando da oltre 6 milioni di tonnellate a poco più di 4.
A rielaborare i dati raccolti dal CSO Italy è Confcooperative Fedagripesca, che ricorda come il raccolto di pere si sia dimezzato dalle 800 mila tons del 2015 alle 400 mila del 2024.
Anche il kiwi soffre, che in un decennio è passato da 610 mila tons ad appena 315 mila. In crisi produttiva pure le pesche e nettarine che nel 2015 registrava 735 mila tonnellate e oggi supera di poco le 485 mila.
Tra gli ortaggi le patate nel 2020 era a 1,1 milioni tonnellate, mentre lo scorso anno si sono fermate a 973 mila tons. Ridotte anche le rese del pomodoro da industria.
Ad incidere sono i cambiamenti climatici ma, secondo gli agricoltori, anche alle politiche europee che hanno limitato o rimosso l’uso di diversi pesticidi: “L’Europa continua a chiederci di usare sempre meno mezzi tecnici per la difesa in campo – sostiene a Il Sole 24Ore Raffaele Drei (nella foto), alla guida di Fedagripesca, la federazione di Confcooperative che segue il ramo Agricoltura. “A seguito delle manifestazioni di un anno fa la presidente della Commissione UE, Ursula von der Layen, aveva ritirato il regolamento sul dimezzamento entro il 2030 degli agrofarmaci. A quelle dichiarazioni, però, non hanno fatto seguito atti concreti. Nelle settimane scorse, per esempio, l’Europa ha vietato prodotti fitosanitari assolutamente strategici per la lotta ad alcuni parassiti, come la cimice asiatica. Si plaude tanto all’accordo di libero scambio tra la UE e il Mercosur – aggiunge Drei – ma in Brasile negli ultimi cinque anni sono stati approvati centinaia di prodotti fitosanitari mentre in Europa abbiamo visto una riduzione del 70%”.
Riguardo alle patate il Sole 24 Ore ricorda come la produzione nazionaledi non soddisfi la domanda, visto che i consumi sono a 2,2 milioni di tons. L’import è consistente e principalmente proviene dalla Francia, ma con un forte incremento dall’Egitto, che nei campi possono usare molecole non più consentite in Europa.
Intanto i prezzi dell’ortofrutta aumentano: “Credo che il giusto prezzo debba esserci da entrambe le parti: dal lato dell’agricoltore e da quello del consumatore – sostiene Drei. Per garantire cibo accessibile a tutti bisogna però essere in grado di produrre in quantità sufficienti. L’incremento dei prezzi al consumo è invece dovuto al fatto che l’offerta sta diminuendo in maniera importante perché, a parità di ettari, le rese calano”.
L’aumento dei prezzi di questi ultimi anni, ricorda il Sole, ha portato con sé un minore consumo di ortofrutta, a discapito della salute, con modifiche significative dei consumi. Secondo i dati Istat il 31% delle famiglie dichiara di provare a limitare la quantità e la qualità del cibo acquistato, nonostante ala fine della spesa lo scontrino risulti comunque più alto.