“Non ci sono margini per evitare gli aumenti dei prezzi dell’ortofrutta nella Grande distribuzione organizzata: va tenuto presente che si tratta di aumenti minimi, nell’ordine di 10-15 centesimi al chilogrammo, in grado però di fare la differenza per un comparto colpito, come tutti gli altri, dal violento aumento dei prezzi delle materie prime, dell’energia, dei materiali di consumo e dei trasporti”.
Lo ha detto, in una intervista ad Askanews, Marco Salvi (nella foto), presidente di Fruitimprese, associazione che riunisce le imprese ortofrutticole italiane.
“Per noi 10-15 centesimi in più al chilo significa coprire gli aumenti dei costi ed è una cifra davvero dirimente tra una campagna positiva ed una fallimentare. La fornitura di ortofrutta è sempre stata garantita, anche durante il lockdown, e questi sono prodotti di primaria necessità e deperibili che devono essere tutelati”, spiega.
Per questo motivo Fruitimprese chiede alla Grande distribuzione organizzata “un confronto serio e costruttivo” per arrivare “entro le prossime settimane” a “una soluzione diretta” che tuteli il settore, nel quale il valore intrinseco del prodotto è tra i più ridotti dell’agroalimentare italiano.
Gli operatori sono ora alle prese con la preparazione dei listini del primo trimestre del 2022, listini che non potranno non scontare “gli aumenti violenti che toccano tutta l’economia mondiale. L’aumento di costi sul settore è drammatico – spiega Salvi – dall’energia ai materiali da consumo (imballaggi, pallet), fino al gasolio, con aumenti fino anche al 100%”. Senza tralasciare “la questione legata ai trasporti: da fine ottobre i trasportatori hanno chiesto gli adeguamenti delle tariffe e abbiamo avuto aumenti medi del 15-20%, mentre per i container frigoriferi sia verso Italia sia verso estero gli incrementi di costo sono arrivati fino al 100%”.
Se questi aumenti che gravano sulla filiera non venissero riconosciuti dal mercato, il comparto rischierebbe una crisi senza precedenti.
Quale la risposta della Gdo di fronte a queste richieste? “Siamo preoccupati – ammette Salvi – perché da parte della Gdo c’è una tendenza a comunicare ai consumatori che non si devono preoccupare degli aumenti, ovvero che la Gdo vuole mantenere i prezzi stabili. Ma in una filiera così corta come l’ortofrutta se la Gdo non incrementa i prezzi e il consumatore non si fa carico di una parte del maggior costo, chi paga questa operazione?”.
C’è ottimismo in merito alle trattative in corso? “Nelle ultime settimane abbiamo avuto diverse interlocuzioni con i rappresentanti della Gdo – dice Salvi – ma non abbiamo trovato una linea univoca: sembra che non ci sia fino in fondo la consapevolezza della situazione delle aziende produttive. Per noi sarebbe importante un confronto costruttivo con la Gdo, in un tavolo unico o con le singole rappresentanze, per fare valutazioni obiettive e trasparenti sull’impatto degli aumenti sulle singole filiere e capire come intervenire”.
“Con un po’ di buon senso – dice Salvi – si deve fare in modo che il peso non ricada tutto sugli anelli a monte della filiera, ma su tutti in modo più equo e responsabile”. Tra le filiere più penalizzate, quelle dei prodotti confezionati, su cui pesano i rincari di imballaggi (plastica e cartone) e quelle che devono ricorrere a trasporti a lunga e media percorrenza, per via degli aumenti dei pallet e dei trasporti stessi.
Tra le iniziative allo studio di Fruitimprese, una campagna di sensibilizzazione che spieghi al consumatore finale “quello che sta succedendo con esempi pratici: al momento stiamo lavorando a dati oggettivi da potere comunicare”, conclude Salvi.
(fonte: Askanews)