ORIGINE IN ETICHETTA PER IL POMODORO TRASFORMATO, SODDISFATTO IL COMPARTO

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Le associazioni di categoria hanno subito espresso la propria soddisfazione sulla pubblicazione del decreto interministeriale che fissa l’obbligo per le aziende che operano in Italia di indicare l’origine del pomodoro nella lavorazione dei trasformati (leggi news).

“È un risultato che abbiamo da tempo auspicato, avendo la nostra organizzazione richiesto e sostenuto sin dalle prime battute la necessità di una normativa per l’obbligatorietà dell’origine sui derivati del pomodoro”, spiega Giorgio Mercuri, presidente di Alleanza delle Cooperative Agroalimentari. La filiera del pomodoro da industria, con i suoi 3,2 miliardi di euro di giro d’affari, è una delle più importanti sia per volumi produttivi che per fatturato il cui prestigio viene troppo spesso offuscato da crescenti sacche di illegalità e da lavorazioni di finto made in Italy”.

Secondo Mercuri “la valorizzazione del vero e autentico pomodoro made in Italy passa attraverso la distintività e la qualità del prodotto agricolo utilizzato e sulla massima trasparenza ai consumatori rispetto alla provenienza dei prodotti per un acquisto informato consapevole. Proseguiremo la battaglia anche a livello comunitario affinché l’obbligo di indicazione dell’origine venga riconosciuta anche a livello europeo”.

Maurizio Gardini, Presidente di Conserve Italia e di Confcooperative commenta così la notizia. “L’obbligo di indicare l’origine del pomodoro nei trasformati come salse e sughi pronti è la risposta che attendavamo per contrastare e arginare la scarsa trasparenza e la crescita di fenomeni di contraffazione che danneggiano tutte le aziende sane che operano nella filiera del pomodoro da industria. Noi siamo favorevoli ad andare oltre quanto stabilito nel decreto, obbligandole imprese a indicare la provenienza della materia prima anche nei casi in cui la componente pomodoro incida per una percentuale inferiore al 50%, come è attualmente previsto nel testo”.

“Di fronte alle crescenti importazioni di concentrato cinese, lavorato e rivenduto sotto forma di salse e sughi pronti, che è stato recentemente portato alla ribalta da inchieste e libri denuncia – aggiunge Gardini -, vogliamo rivendicare con orgoglio come la filiera cooperativa del pomodoro da industria sia tre volte italiana, perché lavora prodotto italiano, trasformato in Italia, con produttori italiani”.

Anche l’Anicav, Associazione nazionale industriali conserve alimentari vegetali, esprime piena soddisfazione per la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del Decreto del Ministero delle Politiche Agricole.

“Esprimiamo grande apprezzamento per la pubblicazione del Decreto sull’etichettatura obbligatoria di origine dei derivati del pomodoro – dichiara Antonio Ferraioli, Presidente di ANICAV –. Confidiamo che questo possa porre un argine alle speculazioni sterili e strumentali che la nostra industria ha subito e continua a subire e garantire al consumatore la massima trasparenza, pur nella consapevolezza che sarà necessaria un’omogeneizzazione tra la regolamentazione nazionale e quella comunitaria per evitare che la norma abbia un’efficacia limitata soltanto al territorio italiano, come già avviene per la passata di pomodoro”

“Il Decreto – dichiara Giovanni De Angelis, Direttore Generale di ANICAV – si applicherà in via sperimentale fino al 2020 e perderà efficacia in caso di adozione, da parte della Commissione Europea, dei provvedimenti esecutivi ai sensi del regolamento (UE) n. 1169/2011, sui quali la Commissione a gennaio ha finalmente aperto la procedura di consultazione pubblica, avviando di fatto l’iter per l’emanazione dei regolamenti esecutivi. Auspichiamo, pertanto, una rapida adozione di tali provvedimenti, al fine di evitare la sovrapposizione di norme che potrebbe creare problemi alle nostre aziende.”

 

Il comparto in numeri:

L’industria italiana della trasformazione del pomodoro ha chiuso il 2017 con un fatturato di 3 miliardi di Euro e, con oltre 52 milioni di tonnellate di pomodoro trasformato, rappresenta il 14% di tutta la produzione mondiale e il 47% del trasformato UE. Le aziende di trasformazione che operano in questo settore sono 115. Del comparto fanno parte circa 12.000 lavoratori fissi e 25.000 lavoratori stagionali. A questi va aggiunta la manodopera impegnata nell’indotto (officine meccaniche, imballaggi, distribuzione e logistica, case sementiere, vivai). La forte caratterizzazione internazionale del comparto è confermata dal fatto che oltre il 50% delle produzioni è destinato al mercato delle esportazioni, sia verso l’Europa che verso gli Stati Uniti, il Giappone e l’Australia. Nel 2017 l’export ha raggiunto 1,6 Miliardi di €. L’Italia è da sempre il primo trasformatore al mondo di derivati del pomodoro destinati direttamente al consumatore finale.

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