“Stiamo rischiando di perdere un’attività, la vocazione di una terra, di perdere un settore dove hanno lavorato e lavorano generazioni su generazioni”.
Così al Resto del Carlino Ferrara Marco Salvi (nella foto), presidente nazionale di Fruitimprese, al timone con la sua famiglia di ‘Salvi Vivai’ – una storia imprenditoriale che si dipana nell’arco di 50 anni, un’impresa simbolo di questo mondo di frutteti e lavoro – sintetizza quello che sta succedendo da anni nel settore. Una crisi cominciata nel 2018, che si è acuita, che quest’anno ha raggiunto il picco. Sotto i colpi del cambiamento climatico che ha portato in rapida successione – una raffica amara – gelate, grandine, un fiume d’acqua che ha allagato i frutteti già stremati dalla siccità dello scorso anno. Due estremi, un comune denominatore. I cambiamenti climatici, le follie del tempo. Se le parole a volte non bastano, i numeri sono inclementi. Fa male scorrerli.
Il crollo della pera Abate
Siamo passati in Italia – le zone a più forte produzione sono Ferrara e Modena – da una produzione di 311.898 tonnelate nel 2018 a 166.727 lo scorso anno. La pera, sempre nello stesso pariodo: il crollo da 730.019 da 504.921 tons. Emilia Romagna, sempre l’Abate e sempre lo stesso periodo, da 247.058 tonnellate a 118.683. La produzione complessiva di pere nella regione – dal 2018 al 2022 – è scesa da 497.450 a 296.143 tons. Di pari passo il ’taglio’ delle aree coltivate, il calo della manodopera impiegata in campagna (potatuta, raccolta), nelle centrali di lavorazione, in tutto l’indotto.
“Dobbiamo prendere atto con realismo di quello che succede ormai da anni per riuscire a dare una risposta. Le istituzioni sono chiamate ad intervenire per un comparto che rappresenta una ricchezza, un valore per tutta la nostra economia”
“Siamo il comparto che subisce di più i cambiamenti climatici”
“Siamo il comparto che più subisce i cambiamenti del clima. E questo non da oggi, ma dal 2018 quello che possiamo considerare l’ultimo anno con una produzione normale“.
“Poi siamo andati sempre a scendere, per arrivare ad una produzione dimezzata. Il primo anno di gelate è stato il 2019, sui filari un raccolto davvero scarso. Poi il vento non è più cambiato fino ad arrivare all’oggi, a questa stagione drammatica. Con un calo della produzione che oscilla tra il 70 e l’80%“.
“Ormai gli inverni sono diventati molto miti, la fioritura delle piante arriva in anticipo. E proprio in quel momento, il periodo più delicato, ecco le temperature in picchiata dei primi giorni d’aprile. Stiamo perdendo alcuni mercati storici mentre i nostri rivali in questo campo, Olanda e Belgio, conquistano terreno”.
“Nel 2018 esportavamo 153mila tonnellate di pere, lo scorso anno siamo scesi a 58mila. Il crollo balza agli occhi se guardiamo ai valori monetari. Siamo passati da 171 a 77 milioni”
Gli agricoltori abbndonano o radono al suolo i frutteti
“Le superfici coltivate sono scese. Ma il dato che più fa capire cosa sta succedendo sono i frutteti ancora in piedi ma abbandonati. Gli imprenditori, davanti al continuo calo di redditività, non sanno più cosa fare. Non puoi produrre rischiando di perdere i soldi che hai investito”.
“Stiamo ancora aspettando i risarcimenti per i danni della siccità dello scorso anno. Per quello che è successo in questa stagione il comparto ha bisogno di un centinaio di milioni. Ma bisogna fare presto, non possiamo permettere che il clima ci porti via un’attività economica che faceva di questa regione, di Ferrara, una capitale in Europa”.
(fonte: Il Resto del Carlino)