Sul Sole24Ore il ministro Francesco Lollobrigida esalta l’agricoltura biologica come parte integrante del Made in Italy. E aggiunge: “… deve compiere un salto di qualità e diventare protagonista dei consumi degli italiani. Sarà una delle leve sulle quali concentrare le strategie per la transizione ecologica e ridurre l’impatto ambientale delle produzioni. Ma in quest’ottica dovrà aumentare produzione e offerta e garantire così al mercato prezzi più contenuti e alla portata di un vasto pubblico di consumatori”.
Dibattito e polemiche su Linkedin
Su Linkedin le affermazioni del ministro hanno sollevato dibattito e polemiche. L’imprenditore agricolo Massimo Salvagnin, contitolare azienda Porto Felloni a Lagosanto (FE), scrive: “Fa piacere notare che il Ministro Lollobrigida auspichi giustamente un aumento del settore bio in Italia, ma da agricolture, produttore anche biologico, trovo un po’ difficile fare aumentare le produzioni e garantire prezzi più contenuti. Non entrando nella concorrenza “sleale” dei prodotti bio provenienti da mercati come est Europa dove i controlli e certificazioni credo abbiano ampi margini di miglioramento, se solo ci confrontiamo con le enormi difficoltà che abbiamo in Italia a fare agricoltura convenzionale, dove il cambiamento climatico, ormai ahimè diventato uno standard climatico, mette a rischio intere filiere e produzioni, come possiamo immaginare un aumento delle produzioni bio e per assurdo posizionando i nostri prodotti a prezzi più convenienti per il consumatore finale?”.
“Il dramma del potere di acquisto delle famiglie non aiuta certa la crescita della domanda di bio ma gli agricoltori devono avere una giusta remunerazione dei prodotti, perché le rese a parità di superficie sono destinate a calare appunto per le sempre maggiori difficoltà a produrre. I consumatori andrebbero informati su cosa significa produrre cibo, sia bio che convenzionale, la logica del prezzo forse verrebbe ridimensionata. Una tazzina di caffè al bar a 1.4 euro ormai non si discute più ma poi quando entriamo in supermercato diventiamo tutti analisti. Le aziende possono sopportare qualche annata difficile, ma il rischio chiusura è fortissimo portando con sé abbandono e preparando autostrade a prodotti da dubbia agricoltura biologica ma dove vincerà il prezzo”.
Tanti i commenti al post. Anna Parello: “Concordo. A parte il fatto che esiste anche la produzione integrata, di cui purtroppo non parla nessuno (marchio SQNPI), invocare prezzi più contenuti, e non più giusti, non aiuta i produttori e altera ulteriormente la percezione dei consumatori circa il valore attribuito ai beni acquistati. L’esempio che riporti della tazzina di caffè al bar è al centro del tormentone che porto avanti da oltre 2 anni, #Ortofrutta cara? Ma dai! con cui provo a fare cambiare approccio al tema prezzo”.
Marco Govi: “Condivido. Aggiungo che il consumatore acquista in base alla percezione e al prezzo. Se lui pensa che il prodotto biologico sia più sano, probabilmente lo preferisce al prodotto convenzionale, ma se l’aspetto è meno invitante (mi riferisco ai prodotti freschi), già la sua preferenza può spostarsi verso il convenzionale. In ogni caso, se il prodotto biologico è molto più costoso del convenzionale, in buona parte resterà invenduto. L’agricoltura è in difficoltà, biologica e convenzionale. La politica potrebbe essere di aiuto, ma spesso non fa quello che realmente potrebbe servire. Non parlo di soldi, ma di soluzioni. Molte norme, nazionali ed europee, mettono limitazioni inutili che ostacolano la produzione e potrebbero essere superate. Queste limitazioni sono state messe per accontentare legittime richieste di lobby oppure perché, quando sono state concepite, servivano a salvaguardare salute e ambiente. Quando scienza e tecnologia, però, trovano nuove soluzioni, allora la politica dovrebbe essere rapida nel modificare le norme e eliminare quei paletti che sono diventati inutili o dannosi per agricoltura e ambiente”.
Guido Grasso: “Il ministro non sa di cosa parla e questo dopo 3 anni preoccupa… L’ortofrutta nazionale ha un futuro con l’alta qualità, l’alto valore e la salubrità dei prodotti. Tutto questo si può ottenere con una agricoltura integrata ad alta specializzazione tecnica non certo con il biologico. Ma è così che va il mondo per adesso”.
Luca Zurlo: “Chiunque lavori o abbia lavorato con certificazioni biologiche sa che tali produzioni non sono il futuro per un agricoltura sostenibile, sia dal punto di vista ambientale che dal punto di vista economico. I dati in aumento sulle produzioni sono il frutto di un’ignoranza del settore da parte dei consumatori, i quali acquistando credendo di ottenere un prodotto migliore, vanno ad aumentare la domanda, incentivando gli agricoltori nella produzione di tali materie prime con un conseguente aumento dei prezzi del prodotto. Invito il ministro ad informarsi sul campo, dato che dal suo curriculum non ha alcuna conoscenza in fatto di agroalimentare e agricoltura”.
Giorgio I.:“Per me si incentiva il biologico con troppi fondi pubblici. Esiste l’agricoltura integrata volontaria che è molto più sostenibile (come scarti, aspetto esteriore dei prodotti agricoli raccolti, impatto sull’ambiente e sulla redditività delle aziende agricole) che un biologico estremo. Con questo mi auguro che nel futuro prossimo si rendano disponibili sempre un numero maggiore di agrofarmaci o rimedi basati sulla lotta biologica, al punto che anche l’agricoltura biologica diventi più efficace e priva di eccessivi difetti nella produzione vendibile delle aziende agricole. Un futuro in cui fare agricoltura integrata volontaria somiglierà a coltivare ed allevare come fosse agricoltura biologica grazie a questi numerosi rimedi innovativi di lotta biologica”. (L. Frass.)