L’estate offre un ricco assortimento di frutta e verdura e i pomodori sono certamente fra gli ortaggi più amati di questa stagione.
Non è pertanto mancato lo stupore a fine agosto, trovare pomodori importati dall’estero, in diversi supermercati di Ferrara, da parte de Il Fatto Alimentare, che, con la giornalista Valeria Balboni, ha analizzato il fenomeno in questo articolo che riportiamo qui sotto.
Nei punti vendita Despar si trova pomodoro a grappolo importato dai Paesi Bassi, pomodoro insalataro (quello tondo, liscio e piuttosto verde che si usa nelle insalate) di origine spagnola e il tipo cuore di bue proveniente dal Belgio. I prezzi, molto convenienti, vanno da 2,0 €/kg per il tipo a grappolo a 3,5 €/kg per il cuore di bue. Alla Coop i pomodori a grappolo e quelli oblunghi sono italiani, in alcuni casi si specifica anche la produzione locale (in regione), mentre il pomodoro insalataro è anche qui spagnolo. I prezzi rimangono entro la medesima fascia. Per quanto riguarda la catena Esselunga, sul sito troviamo diverse tipologie: il pomodoro a grappolo, in offerta a 1,2 €/kg, può venire da Paesi Bassi o Belgio, i pomodori perini (1,9 €/kg) sono importati dagli stessi Paesi, oltre che dalla Spagna, mentre il tipo costoluto, venduto a 5,45 €/kg, è prodotto in Italia.
In tutte le catene considerate si trovano pomodori ‘pregiati’ tipo ciliegini, datterini o pizzutelli, di origine nazionale, con prezzi che vanno da 4 a 8 €/kg. Insomma, importiamo pomodori dal Nord Europa, regione apparentemente meno vocata a questa produzione, e il prezzo è competitivo rispetto ai prodotti nazionali. Come si spiega questo andamento? Abbiamo chiesto un parere agli esperti della Borsa merci telematica italiana (Bmti), che tengono monitorato regolarmente l’andamento dei prezzi dei prodotti alimentari. “Tra la fine del mese di agosto e l’inizio del mese di settembre, non è anomalo osservare un aumento dei prezzi dei pomodori, poiché la produzione estiva diminuisce, sia qualitativamente che quantitativamente – spiega il direttore Riccardo Cuomo –. Nella settimana a cavallo tra i due mesi in questione, in effetti, le nostre elaborazioni registrano prezzi in rialzo per diverse varietà. Per il cuore di bue, all’ingrosso, si osserva un prezzo medio di 2,52 €/kg (+57% rispetto al 2021) e per il San Marzano verde 1,70 €/kg (era 1,30). Prezzi alti anche per i pomodori da sugo a 0,68 euro/kg (+36% rispetto a un anno fa) e per i pomodori rossi a grappolo a 1,22 (+26% sul 2021). La causa è da attribuire a un calo anticipato della produzione, legato a un accorciamento del ciclo biologico delle piante per le alte temperature dei mesi scorsi. Da non sottovalutare l’incidenza del rialzo dei costi di produzione, legati all’aumento dei prezzi dell’energia elettrica impiegata nelle coltivazioni”.
Riccado Cuomo chiarisce anche il motivo delle importazioni provenienti in particolare dai Paesi Bassi: “Questo paese, soprattutto nel periodo estivo, è uno dei più grandi produttori di pomodori a livello europeo – spiega –. Nel settore orticolo olandese si utilizzano strumenti tecnologici all’avanguardia che facilitano la coltivazione di prodotti come pomodori, peperoni, lattughe o cicorie anche fuori stagione. Inoltre, essendo produttore di energia elettrica, questo territorio non ha subito i rialzi che hanno interessato altri paesi negli ultimi mesi. La grande quantità e i costi contenuti, fanno sì che i prezzi non siano così differenti dal prodotto nostrano. Questa settimana, infatti, i pomodori lisci rossi a grappolo provenienti dai Paesi Bassi si attestano su 1,01 €/kg”.
Il Fatto Alimentare ha sentito anche alcune catene di rivenditori, che sembrano confermare questo quadro. “L’assortimento di prodotti ortofrutticoli freschi nei punti vendita Coop, se si esclude la frutta esotica, è per oltre il 95% di origine italiana – dice Claudio Mazzini, direttore reparto freschissimi della catena. – Abbiamo attivato anche diversi progetti che valorizzano i prodotti del territorio e hanno un buon successo. Per quanto riguarda i pomodori, però, a fine agosto e in gennaio attraversiamo due momenti difficili, perché cambiano le zone di produzione nazionali. Inoltre, quest’estate le colture sono state colpite da siccità e virosi. In questi casi ricorriamo al prodotto estero, soprattutto spagnolo o olandese. I pomodori importati sono di solito i ramati a grappolo e i tondi verdi, anche perché la produzione italiana si sposta sempre più verso le tipologie più piccole e pregiate, come datterini e ciliegini, con varietà molto diversificate”.
È simile il parere di Giovanni Taliana, direttore relazioni esterne Aspiag Service, concessionaria dei marchi Despar, Eurospar e Interspar in Triveneto, Emilia-Romagna e Lombardia. “Il gruppo Despar ha particolarmente a cuore le produzioni locali e per sostenerle ha attivato diversi progetti – dice Taliana – anche attraverso specifici accordi con le regioni Veneto e Friuli-Venezia Giulia. Quasi il 90% dei pomodori è di provenienza nazionale. In alcuni momenti, però, è necessario approvvigionarsi all’estero, anche per motivi logistici, perché la realtà produttiva italiana è molto frazionata e rifornirsi da un grande numero di piccoli produttori è più difficile e dispendioso piuttosto che rivolgersi ad aziende agricole più organizzate ed efficienti, anche se all’estero”. Esselunga, dal canto suo, conferma lo stesso andamento, dichiarando che la catena valorizza da sempre il made in Italy privilegiando, nelle proprie politiche di approvvigionamento, le eccellenze delle produzioni italiane. Segnala però che l’attuale condizione climatica sfavorevole ha comportato delle generali difficoltà a livello produttivo, con una conseguente riduzione delle forniture da parte di produttori locali che ha investito anche la categoria dei pomodori.
Insomma, conclude Il Fatto Alimentare se a parole noi italiani diamo sempre più importanza alla filiera corta e preferiamo i prodotti del territorio, in realtà siamo ormai abituati a trovare un ricchissimo assortimento di prodotti in ogni stagione. Molti di noi sarebbero decisamente contrariati se un giorno, al supermercato, non trovassero il pomodoro da insalata, proprio del tipo che avevano in mente. Sarebbe però opportuno ripensare queste dinamiche, anche perché, secondo uno studio recente, il trasporto di prodotti ortofrutticoli incide notevolmente sul totale delle emissioni di anidride carbonica legate al settore alimentare.
(fonte: Il Fatto Alimentare; credit Photo: Fotolia)