La campagna 2011 del pomodoro da industria è giunta ormai al termine, con gli stabilimenti produttivi del nord Italia che hanno già cominciato a chiudere, e che saranno presto seguiti dai colleghi del centro e del sud. Se nel 2010 erano avvenute forti tensioni sulle consegne, sulla valutazione degli scarti e sull’applicazione dei prezzi quest’anno la raccolta è stata tranquilla.
L’unico problema è stato provocato dal caldo, che tra la fine di agosto e l’inizio di settembre ha mandato in sovramaturazione molti pomodori, ma per il resto la situazione è rimasta nella norma. L’opinione comune dei produttori di pomodoro industriale è che, quando la loro offerta è inferiore alle richieste dell’industria, gli accordi vengono rispettati, mentre quando la loro offerta supera le richieste dei gruppi industriali, allora nascono delle situazioni spiacevoli come quella dello scorso anno. Con questo dato di fatto in mano, diventa necessario per entrambe le parti trovare il giusto punto di incontro per evitare conflitti che non giovano a nessuno.
I disagi del 2010, infatti, hanno portato al calo degli investimenti (una scelta permessa anche dall’applicazione del primo anno di disaccoppiamento), penalizzando i redditi agricoli e facendo scendere le superfici coltivate a pomodoro da industria sotto i 70 mila ettari, dopo due anni di fila in cui si erano sfiorati gli 80 mila (una soglia critica che nel 2004 portò, ad esempio, alla produzione di 64 milioni di quintali di pomodoro). Gli eccessi hanno sempre pesato sul mercato, e non solo sulla materia prima ma anche sui suoi derivati.
Ma torniamo all’analisi della campagna 2011, che oltre ad essere stata caratterizzata dal calo degli investimenti e dalla riduzione delle superfici, è stata penalizzata anche dall’andamento stagionale: la fase dei trapianti è stata coperta dalla pioggia, mentre le ultime settimane di campagna, quelle caratterizzate dal caldo eccessivo, hanno aumentato lo stress delle piante e diminuito le rese per ettaro. Per quanto riguarda il calo delle superfici coltivate, si può dire più precisamente che esse ammontavano a 67.586 ettari (-14,6% rispetto al 2010). La produzione è così stimata attorno ai 45 milioni di quintali, una cifra che provocherebbe per l’ennesima campagna uno scostamento rispetto alle richieste dell’industria (che quest’anno erano di circa 55 milioni di quintali). La qualità, invece, si è rivelata buona sia dal punto di vista tecnico che da quello sanitario, e questo nonostante le rese inferiori alla media (fonte agrinotizie).