Seppure tra difficoltà, per lo più climatiche, e ritardi dovuti ai posticipi delle operazioni di trapianto in diverse aree dell’Emisfero settentrionale, si è chiusa una stagione positiva per il pomodoro da industria, con la produzione che globalmente, stima il World processing tomato council (Wptc), ha sfiorato i 44,2 milioni di tonnellate, in crescita del 15% su base annua.
Un risultato che è andato anche oltre la media storica dei 40,6 milioni archiviata nel triennio 2020-2022, grazie soprattutto alla spinta di California e Cina, i due maggiori poli produttivi mondiali. Nello Stato americano, dove i conferimenti di materia prima sono proseguiti fino a tutto il mese di ottobre, si sono raccolti quest’anno circa 11,5 milioni di tonnellate, nonostante le difficoltà logistiche, i problemi nella fase dei trapianti e le piogge fuori stagione di agosto. Un bilancio decisamente lusinghiero e al di sopra delle aspettative iniziali, che ha portato anno su anno a una crescita del 21%, come sottolinea Agrisole.
Oltre le attese anche il raccolto di pomodori del Dragone, balzato a 8 milioni di tonnellate (+29%). I 100 stabilimenti di lavorazione (massimo storico), 10 in più rispetto allo scorso anno, hanno operato in un contesto di accanita competizione per il reperimento della materia prima, inferiore ai fabbisogni industriali, uno squilibrio che ha spinto il prezzo medio di acquisto a 95 dollari per tonnellata.
In Italia previsti raccolti in calo
In Italia – riferisce il Wptc – la stagione si è protratta ben oltre i normali calendari. Nelle regioni del Mezzogiorno si sono avuti cicli di raccolto molto lunghi fino a 130 giorni, contro i 100-110 ordinari, con forti variabilità dei rendimenti in campagna e penalizzazioni soprattutto per il pomodoro biologico. Si stima a livello nazionale una produzione compresa tra 5,35 e 5,4 milioni di tonnellate, in lieve calo (-1%) su base annua ma inferiore di oltre 4 punti percentuali alla media dell’ultimo triennio.
Un risultato che lascia l’Italia (ancora più distanziata) in terza posizione del ranking mondiale, seppure con circa il doppio dei volumi della Turchia, quarto maggiore produttore con 2,7 milioni (+15%). La Spagna, con potenziali maggiori rispetto al concorrente del Bosforo, ha accusato ancora gli effetti della siccità, anche se meno severa rispetto allo scorso anno. Le carenze idriche e il caldo torrido in Andalusia hanno ridotto ulteriormente la produzione, in una stagione che è apparsa invece più fluida in Estremadura, dove si sono avuti ritardi ma in media rese migliori.
Rispetto alle attese iniziali, che puntavano a un raccolto di oltre 2,7 milioni di tonnellate, la campagna sì è chiusa con un risultato più deludente, di circa 2,6 milioni, in crescita del 22% rispetto al pessimo bilancio del 2022, ma molto al di sotto del potenziale valutato in oltre 3 milioni. In Portogallo, con 1,5 milioni di tonnellate, le condizioni climatiche sfavorevoli hanno impattato meno del previsto sui rendimenti in campagna, consentendo un recupero produttivo dell’ordine dei 6 punti percentuali, stima il Wptc.
Il decorso meteorologico favorevole fino a inizio settembre aveva fatto ben sperare i produttori greci, ma le forti piogge e i fenomeni alluvionali di fine estate hanno compromesso il dato finale (390mila tonnellate), riducendolo del 15% rispetto alle attese iniziali.
Complessivamente, i Paesi Amitom (il blocco dei produttori del Mediterraneo) hanno limitato i progressi all’11%, con un raccolto di 16,9 milioni di tonnellate, meno del 40% dell’output globale. L’ambito ancora più ristretto dei produttori Ue ha chiuso a 10,1 milioni, recuperando il 6% anno su anno, ma mantenendo uno scarto negativo di oltre 10 punti percentuali sul potenziale dell’area.