Serve una stretta per riconoscere ai produttori di pomodoro un prezzo che in Puglia deve partire dagli elevati costi di produzione, dando giusto seguito alla legge contro le pratiche sleali, quando nel 2023 è andata persa una bottiglia di pomodoro su cinque, a causa del clima pazzo che ha drasticamente tagliato le produzioni.
E’ quanto afferma Coldiretti Puglia, alla luce della trattativa tra Organizzazioni dei produttori (Op) e industriali dell’area sud per il prezzo del pomodoro indicativo relativo alla campagna 2024, con un inaccettabile prezzo di riferimento al nord di 125 euro a tonnellata che faticherà a chiudersi ed è in pieno stallo, con una tendenza fortemente al ribasso al sud paventando un eccesso produttivo.
Con il rincaro dei costi energetici che si è trasferito a valanga sui costi di produzione, nel 2023 – ricorda Coldiretti Puglia – produrre un ettaro di pomodoro lungo è costato agli agricoltori in media 3.000 euro in più, mentre allo scaffale si paga più la bottiglia che il pomodoro. Ai ritardi registrati in campagna nel trapianto delle piantine di pomodoro a causa del clima pazzo nel 2023 – insiste Coldiretti Puglia – si sono aggiunti l’aumento dei prodotti energetici e delle materie prime che si riflette sui costi di produzione del pomodoro superiori del 30% rispetto alle medie storiche, anche per il caro carburanti e il gap delle infrastrutture logistiche di trasporto.
Fondamentale è inoltre il ruolo dei contratti di filiera che garantiscono un prezzo equo e stabilità al mercato tenendo conto sempre dell’equità di una remunerazione congrua che non alimenta eventuali speculazioni in momenti di confusione. Si rende necessario, infatti, uscire immediatamente con un prezzo congruo dovuto anche al rispetto dell’eticità del prodotto che sempre più deve avere un ruolo fondamentale nella strategia di marketing del pomodoro di Capitanata. Coldiretti e Princes intendono così ulteriormente sostenere e promuovere la filiera del pomodoro pugliese, unica al mondo per la qualità del prodotto e che da sola contribuisce per circa il 30% all’intero volume del pomodoro italiano da industria. Nel contesto dell’accordo, Princes e Coldiretti stanno sviluppando congiuntamente un’innovativa piattaforma digitale basata sulla tecnologia blockchain che per la prima volta in Italia verrà applicata a un prodotto trasformato industrialmente. La piattaforma garantirà la tracciabilità del prodotto lungo tutta la filiera e il rispetto di tutti i requisiti previsti con forti benefici in termini di sicurezza, efficienza e automazione delle transazioni interaziendali. La blockchain, grazie a registri informatici distribuiti e concatenati, fornirà ulteriore garanzia che il pomodoro provenga da cooperative che rispettano gli standard etici richiesti.
La Puglia detiene la quasi totalità della produzione del pomodoro all’interno di una filiera del Sud Italia, riferisce Coldiretti Puglia, sulla base dello studio commissionato all’Università di Foggia, con 15.527.500 quintali di pomodoro da industria su una superficie di 17.170 ettari prodotti. La provincia di Foggia è leader indiscussa del mercato e rappresenta il maggiore bacino di produzione nazionale – insiste Coldiretti Puglia – con una superficie media annua di 15.000 ettari e con una produzione di pomodoro da industria che si aggira intorno ai 14.250.000 quintali (1,4 milioni di tonnellate).
E’ a tutti nota la posizione di Coldiretti sull’importanza dell’origine del prodotto agricolo alla base dei cibi trasformati che arrivano sulle tavole dei consumatori, per cui numerose sono state le battaglie per arrivare all’etichettatura certa dell’origine dei prodotti agroalimentari. E’ però necessario che anche gli altri attori della filiera riconoscano gli sforzi che la parte agricola e l’industria di trasformazione stanno facendo – conclude Coldiretti Puglia – in un periodo economico e sociale che non ha precedenti, con un aumento senza eguali dei costi di produzione, per cercare di dare continuità ad una delle produzioni di maggior successo del made in Italy agrolimentare.