“La Puglia agroalimentare ha grandi potenzialità, ma spesso sono limitate a causa di una carenza di strutture logistiche”.
A sostenerlo, al Corriere Ortofrutticolo, è Gianmarco Laviola (nella foto), amministratore delegato di Princes Industrie Alimentari, società che gestisce il più grande stabilimento in Europa per la lavorazione e trasformazione del pomodoro e parte della Community Agrifood&Beverage Regione Puglia e che sviluppa un fatturato di 160 milioni di euro (1,4 miliardi di sterline considerando globalmente il gruppo Princes).
“Riusciamo a consegnare il pomodoro pugliese nei Paesi dell’Europa continentale tramite un sistema intermodale, che sfrutta la linea ferroviaria generando anche benefici dal punto vista ambientale”, precisa il manager dell’impresa. “Al contempo, tuttavia, tutta la merce destinata al mercato britannico (parliamo di circa tremila container all’anno) non può che partire dai porti di Salerno o Napoli, perché quelli di Manfredonia, Bari e Taranto non sono utilizzabili per le nostre necessità”, rivela Laviola. “Ciò impatta sia sui costi operativi sia sull’ambiente, a causa delle emissioni di CO2 dovute all’obbligato trasporto su gomma verso i porti campani. In generale, l’export agroalimentare pugliese è sempre più in crescita, ed è quindi fondamentale evidenziare le sfide infrastrutturali del Mezzogiorno per evidenziare istanze comuni e specifiche della Puglia e richiedere alle autorità locali un sostegno essenziale alla crescita economica regionale e promuovere pratiche aziendali più sostenibili. È necessario e urgente un intervento istituzionale che dia risposte concrete alla crescente domanda di trasporto intermodale, attraverso politiche che incentivino tali pratiche”.
Export: domina il Regno Unito
Laviola torna poi sul tema dell’export, voce fondamentale nel comparto delle conserve di pomodoro. Il 95% della produzione di Princes viene esportata, con il Regno Unito che rimane il principale mercato, rappresentando tra il 60% e il 65% del totale dei volumi. Sugli scaffali dei retailer inglesi domina il brand Napolina, a cui si affiancano le produzioni vendute attraverso le private label. Il secondo mercato è la Germania, sebbene non manchino Paesi emergenti, come quello indiano, “soprattutto per la crescente, seppur ancora parziale, occidentalizzazione dei consumi che comporta un aumento dell’utilizzo del pomodoro trasformato”, così come la Cina. Paesi orientali che potrebbero far calare il peso della Germania, che sta vivendo un periodo complicato. Rilevante come destinazione anche l’Australia, la cui apertura risale allo scorso anno, così come l’area Mediterranea e in particolare il Nord Africa.
In generale sul comparto del pomodoro da industria Laviola conferma gli alti costi di filiera anche per il 2024. “Necessario un confronto tra tutti gli operatori della filiera per trovare una via d’uscita. Non è etico imporre prezzi a scaffale al di sotto dei costi di produzione”.
Per quanto riguarda la produzione, per il manager del gruppo pugliese ci sono due nodi da sciogliere: il livello d’acqua disponibile in Puglia nella diga di Occhito è molto basso a causa delle precipitazioni assai scarse degli ultimi mesi, che sta aggravando il problema siccità.
A questo si aggiunge l’impatto dei mutamenti climatici sulle coltivazioni. “Lo scorso anno la raccolta di pomodoro si è protratta fino a fine ottobre, quando di solito si arriva al massimo a settembre”, afferma Laviola. “Una situazione anomala che speriamo non si ripresenti quest’anno. È necessario programmare la raccolta della materia prima con le giuste tempistiche per garantire alta qualità”.
Emanuele Zanini