La manovra finanziaria 2023 fa discutere, il mondo produttivo agricolo applaude, ma bisogna distinguere. La gran parte dei provvedimenti (rinvio plastic e sugar tax, misure fiscali, reintroduzione dei buoni lavoro cioè dei voucher) sono misure difensive, proroghe, ritorni ecc. Cioè si rimedia a errori del passato o si evitano danni maggiori.
In particolare sul ritorno dei voucher, aboliti per l’opposizione ideologica dei partiti di sinistra e dei sindacati, anche qui bisogna intendersi. La misura pone rimedio a scelte sbagliate ma c’è un tema grande come una casa che va affrontato strategicamente: la cronica mancanza di manodopera comune e specializzata nelle campagne per le grandi raccolte. Servono semplificazione delle procedure sia per le imprese che per i lavoratori e una gestione intelligente dei decreti flussi, per metterli in sintonia con le esigenze delle imprese, quindi triplicare o quadruplicare i numeri dei lavoratori. Magari bisogna estendere le agevolazioni per le assunzioni a tempo indeterminato ai rapporti a tempo determinato, vista la specificità delle operazioni di raccolta dell’ortofrutta. La situazione della manodopera che manca ( e che da noi costa più per oneri fiscali e previdenziali che in altri Paesi UE) si sta facendo drammatica. La testimonianza di un grande imprenditore del Sud come Roberto Giadone (nostro Protagonista e nostro stimato collaboratore) la dice lunga: “Lo scorso anno non siamo riusciti a raccogliere i prodotti. Quest’anno, non avendo disponibilità di braccianti, siamo stati costretti a ridurre la produzione del 25-30%. Tagliare la produzione vuol dire anche meno lavoro, meno Pil, meno indotto (dai trasporti alle aziende che producono cassette e imballaggi)”.
Perdiamo forza lavoro nelle campagne, gli immigrati (che sono la grande maggioranza degli occupati) se ne vanno all’estero attratti da salari maggiori e da migliori condizioni di vita. Se perdiamo forza lavoro, perdiamo prodotto, perdiamo superfici. E con la sovranità alimentare come la mettiamo? A questo proposito ha sollevato molta curiosità l’inserimento in Finanziaria di un fondo per la sovranità alimentare da 25 milioni l’anno per 4 anni (quindi un totale di 100 milioni di euro). Per fare cosa? Le indicazioni sono quantomai generiche (“rafforzare il sistema agricolo e agroalimentare nazionale, tutela e alla valorizzazione del cibo italiano di qualità, riduzione del costi di produzione per le imprese agricole, sostegno delle filiere…”) quindi ci sta dentro tutto. E dato che a pensar male a volte ci si azzecca, si potrebbe credere che questo fondo abbia già una destinazione precisa, sia stato in qualche misura già ‘prenotato’ da qualcuno. Da alcune anticipazioni fatte dal ministro, si può arguire che queste risorse andranno ad implementare i contratti di filiera con il coinvolgimento di produzione-trasformazione- distribuzione. Vedremo.
Fra le grandi incognite del futuro c’è una incertezza crescente sulla fattibilità dei progetti PNRR. Per usufruire di questi fondi bisogna chiudere i progetti e rendicontarli entro il 2026. Ce la faremo? Il mondo dell’ortofrutta è coinvolto in progetti per migliorare la logistica portuale, ferroviaria e stradale in particolare al Sud; nel piano di rilancio dei mercati generali; in progetti di digitalizzazione e di potenziamento delle infrastrutture irrigue; nei parchi agrisolari, nei contratti di filiera. Sulla ‘messa a terra’ – come si dice – di tutta questa progettualità (con ampio coinvolgimento delle realtà territoriali del Sud, Regioni e Comuni) crescono perplessità e timori di non farcela.
Ci si deve difendere anche sul fronte comunitario…
Lorenzo Frassoldati
direttore del Corriere Ortofrutticolo
Il testo integrale dell’editoriale di Lorenzo Frassoldati è sull’ultimo numero del Corriere Ortofrutticolo in uscita
IL RITORNO DEI VOUCHER RIAPRE L’EMERGENZA MANODOPERA. E IL PNRR CHE FINE FARÀ?
La manovra finanziaria 2023 fa discutere, il mondo produttivo agricolo applaude, ma bisogna distinguere. La gran parte dei provvedimenti (rinvio plastic e sugar tax, misure fiscali, reintroduzione dei buoni lavoro cioè dei voucher) sono misure difensive, proroghe, ritorni ecc. Cioè si rimedia a errori del passato o si evitano danni maggiori.
In particolare sul ritorno dei voucher, aboliti per l’opposizione ideologica dei partiti di sinistra e dei sindacati, anche qui bisogna intendersi. La misura pone rimedio a scelte sbagliate ma c’è un tema grande come una casa che va affrontato strategicamente: la cronica mancanza di manodopera comune e specializzata nelle campagne per le grandi raccolte. Servono semplificazione delle procedure sia per le imprese che per i lavoratori e una gestione intelligente dei decreti flussi, per metterli in sintonia con le esigenze delle imprese, quindi triplicare o quadruplicare i numeri dei lavoratori. Magari bisogna estendere le agevolazioni per le assunzioni a tempo indeterminato ai rapporti a tempo determinato, vista la specificità delle operazioni di raccolta dell’ortofrutta. La situazione della manodopera che manca ( e che da noi costa più per oneri fiscali e previdenziali che in altri Paesi UE) si sta facendo drammatica. La testimonianza di un grande imprenditore del Sud come Roberto Giadone (nostro Protagonista e nostro stimato collaboratore) la dice lunga: “Lo scorso anno non siamo riusciti a raccogliere i prodotti. Quest’anno, non avendo disponibilità di braccianti, siamo stati costretti a ridurre la produzione del 25-30%. Tagliare la produzione vuol dire anche meno lavoro, meno Pil, meno indotto (dai trasporti alle aziende che producono cassette e imballaggi)”.
Perdiamo forza lavoro nelle campagne, gli immigrati (che sono la grande maggioranza degli occupati) se ne vanno all’estero attratti da salari maggiori e da migliori condizioni di vita. Se perdiamo forza lavoro, perdiamo prodotto, perdiamo superfici. E con la sovranità alimentare come la mettiamo? A questo proposito ha sollevato molta curiosità l’inserimento in Finanziaria di un fondo per la sovranità alimentare da 25 milioni l’anno per 4 anni (quindi un totale di 100 milioni di euro). Per fare cosa? Le indicazioni sono quantomai generiche (“rafforzare il sistema agricolo e agroalimentare nazionale, tutela e alla valorizzazione del cibo italiano di qualità, riduzione del costi di produzione per le imprese agricole, sostegno delle filiere…”) quindi ci sta dentro tutto. E dato che a pensar male a volte ci si azzecca, si potrebbe credere che questo fondo abbia già una destinazione precisa, sia stato in qualche misura già ‘prenotato’ da qualcuno. Da alcune anticipazioni fatte dal ministro, si può arguire che queste risorse andranno ad implementare i contratti di filiera con il coinvolgimento di produzione-trasformazione- distribuzione. Vedremo.
Fra le grandi incognite del futuro c’è una incertezza crescente sulla fattibilità dei progetti PNRR. Per usufruire di questi fondi bisogna chiudere i progetti e rendicontarli entro il 2026. Ce la faremo? Il mondo dell’ortofrutta è coinvolto in progetti per migliorare la logistica portuale, ferroviaria e stradale in particolare al Sud; nel piano di rilancio dei mercati generali; in progetti di digitalizzazione e di potenziamento delle infrastrutture irrigue; nei parchi agrisolari, nei contratti di filiera. Sulla ‘messa a terra’ – come si dice – di tutta questa progettualità (con ampio coinvolgimento delle realtà territoriali del Sud, Regioni e Comuni) crescono perplessità e timori di non farcela.
Ci si deve difendere anche sul fronte comunitario…
Lorenzo Frassoldati
direttore del Corriere Ortofrutticolo
Il testo integrale dell’editoriale di Lorenzo Frassoldati è sull’ultimo numero del Corriere Ortofrutticolo in uscita
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