Non solo siccità e aumento dei costi di produzione: la chiusura dei mercati dell’Est Europa e l’inevitabile riassetto dei flussi commerciali a livello mondiale, allarmano il comparto dell’ortofrutta, alle prese con un eccesso di offerta.
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A parlarne è anche Il Sole 24Ore che ha intervistato alcuni dei principali esponenti del settore. A partire da Marco Salvi, presidente di Fruitimprese, che richiama l’attenzione in particolare sui 4 milioni di tonnellate di ortofrutticoli provenienti da Turchia, Egitto, Sudafrica e Sudamerica, destinati tradizionalmente alla Russia. “È chiaro che se questa situazione di belligeranza e svalutazione del rublo persiste, i prodotti si riverseranno in Europa, causando una forte pressione”.
Così mentre a Rotterdam si cominciano a vedere i primi container provenienti dal Sudafrica, sono già un caso le mele bielorusse, moldave e serbe, un tempo destinate al mercato russo – erano 230mila le tonnellate nel 2019 dalla Bielorussia, 200mila quelle dalla Moldavia – che cercano nuovi spazi. O le pere di provenienza belga e olandese, che invadono il mercato italiano con costi inferiori ai prodotti locali. Lo stesso meccanismo rischia di ripetersi con le produzioni estive, reduci da un 2021 in forte calo.
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“Abbiamo già avuto esperienza dell’embargo russo del 2014, che improvvisamente ha chiuso il Paese di Putin all’ortofrutta italiana ed europea – commenta Paolo Bruni, presidente di CSO Italy –. La conseguenza è stata una netta contrazione della redditività“.
Al nodo dei mercati dell’Est si aggiungono le politiche perseguite da alcuni Paesi come l’Egitto “dove – come ricorda Davide Vernocchi, coordinatore Ortofrutticolo di Alleanza Cooperative Agroalimentari – non si riesce più a esportare un chilogrammo di ortofrutta”.
Per le aziende – strette tra il cappio dei costi di produzione e la siccità – diventa complesso impostare un budget credibile, a causa dell’incertezza dilagante. “Se i dati ufficiali dell’inflazione oscillano tra il 6 e l’8% , nel caso specifico delle nostre aziende, che sono tra le più energivore, il range è tra il 20 e il 25%“, prosegue Vernocchi.
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Alleanza Cooperative Agroalimentari chiede pertanto un intervento specifico da parte della Commissione UE, per definire deroghe transitorie che consentano alle Organizzazioni professionali una maggiore flessibilità di gestione dei programmi operativi: l’obiettivo è riadattare i piani con interventi anti-crisi coerenti e congrui.
L’allargamento dei mercati extra-UE rimane uno degli obiettivi condivisi dalle principali organizzazioni ortofrutticole. Come ribadito al ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, incontrato a Berlino durante l’ultima edizione di Frutilogistica, l’ostacolo ai nuovi sbocchi commerciali è rappresentato dai protocolli sanitari, i cui tempi di approvazione o di revisione diventano “inaccettabili per il nuovo contesto”.
I dossier sul tavolo coinvolgono cinque Paesi tra Asia e America e tre prodotti di punta del segmento frutta fresca, che trainano le vendite all’estero. A ricordarli è Paolo Bruni: in Thailandia si lavora per aprire il mercato a kiwi, pere ed uva da tavola; in Vietnam, oltre al dossier mele, è da due anni in stand by quello del kiwi. Discorso analogo per le pere in Cina. Mele e pere sono oggetto di un accordo di prossima pubblicazione negli USA e lo stesso tentativo di aprire il mercato a queste due produzioni si sta facendo anche in Messico.
“Dobbiamo prepararci ad un periodo di grande difficoltà – conclude Salvi –. Per questo è importante salvaguardare le filiere dove siamo leader incontrastati: dobbiamo difenderci perché i nostri concorrenti sono forti e aggressivi e lavorare insieme, perché se l’Italia esporta 5,2 miliardi, la Spagna fa tre volte tanto”.
(fonte: Il Sole 24Ore)