Presentiamo, con le risposte di altri sei personaggi, la terza parte della nostra inchiesta sul futuro, la cui pubblicazione online è cominciata con le prime due puntate giovedì e venerdì scorsi. Abbiamo chiesto a 80 tra imprenditori e manager, che dal 2012 e fino al 2020 sono stati insigniti del riconoscimento di Protagonisti dell’Ortofrutta Italiana, che cosa pensassero del futuro del settore. Hanno risposto in 65. Il risultato è una grande inchiesta sulle prospettive future.
L’inchiesta sul futuro, nella sua completezza, viene pubblicata sull’Annuario 2021 di Protagonisti dell’Ortofrutta Italiana, in uscita come supplemento del numero 2/2021 del Corriere Ortofrutticolo.
Queste le tre domande del sondaggio:
1. Quali sono a suo avviso i freni che si frappongono allo sviluppo del settore dell’ortofrutta in Italia?
2. Quali sono le opportunità che il settore potrebbe ancora cogliere?
3. Indichi quali sono, a suo avviso, le prospettive del settore nel medio termine da qui a 5 anni: perderà ancora di peso? Ripartirà trovando nuove soluzioni? E alla fine, come si collocherà nel panorama internazionale?
(af)
Alessandro Annibali / CEO New Factor
I freni allo sviluppo. Credo occorra maggiore informazione sulla qualità dei prodotti italiani con motivazioni e spiegazioni trasparenti sia al trade che al grossista e al cliente finale. Il prodotto sfuso e non brandizzato è vincente su canali importanti come i discount ma sulla GDO e sul canale Mercati credo sia strategico promuovere brand che comunichino e garantiscano serietà, professionalità, costanza di fornitura e valori aggiunti oggettivi e certificati, sia dal punto di vista organolettico sia ambientale e sociale. L’Italia è brava a produrre prodotti agricoli eccezionali ma, purtroppo, non riesce a competere perché schiacciata dalla concorrenza straniera a basso costo e soprattutto perché incapace di puntare sulla valorizzazione della qualità del prodotto nazionale. La qualità prima di tutto, a discapito della quantità, che va lasciata a chi sa fare quel lavoro meglio di noi a costi più bassi.
Le opportunità da cogliere. Credo che quanto sopra enunciato sia il succo del ragionamento. Come dice Farinetti, l’Italia è l’unico Paese al mondo con certe caratteristiche pedo-climatiche che hanno permesso di sviluppare le migliori varietà di frutta e verdura con una diversità varietale immensa e peculiarità organolettiche uniche, irripetibili in altre zone del mondo. I venti, la vicinanza del mare sui due terzi del Paese, le Alpi che proteggono le coltivazioni del Nord, sono caratteristiche da comunicare e valorizzare.
Le prospettive da qui a 5 anni. Prima di pensare all’export mi concentrerei sull’import, ossia lavorare a 360 gradi per andare a sostituire con prodotti made in Italy i prodotti importati. Credo che il fenomeno che abbiamo vissuto nei mesi di pandemia, ossia il riaffermarsi del negozio di vicinato, il fruttivendolo evoluto, siano fenomeni da osservare con attenzione e da valorizzare al massimo. Allo strapotere della GDO e del canale discount occorrerebbe contrapporre la rinascita di una distribuzione di nicchia bene organizzata e specializzata in prodotti pensati per consumatori attenti alla qualità, alla salubrità e alla sostenibilità e tutto questo occorre saperlo comunicare correttamente al consumatore finale come del resto alcuni brand nazionali stanno già facendo da tempo.
Angelo Benedetti / CEO Unitec
I freni allo sviluppo. Bassa forza competitiva come sistema Paese rispetto ad altre aree produttive che hanno condizioni migliori per produrre, cioè possono produrre con costi più bassi (a partire dai costi della manodopera) e spesso con livelli di qualità molto simili ai nostri.
Le opportunità da cogliere. In primo luogo, differenziarsi per sostenere un buon valore del prodotto. Percorrendo questa strada hanno avuto successo alcune produzioni di nuove varietà di mele o di kiwi con produzioni all’interno di club. In secondo luogo, creare delle nuove classi di prodotto più in sintonia con i gusti dei consumatori. Oggi questo è possibile con le tecnologie che abbiamo sviluppato in questi ultimi anni per la classificazione della qualità interna di una molteplicità di frutti.
Prospettive da qui a 5 anni. Riscontro una forte fragilità politica del nostro Paese, e un settore come quello ortofrutticolo ovviamente non trae giovamento da questa situazione. Questo toglie certamente in molti la fiducia nel prossimo futuro. Ma ritengo che quando si è in difficoltà si diventa spesso creativi, si trovano nuovi sbocchi di mercato e si attivano nuove idee a livello commerciale. Tante nuove soluzioni sono nate e nuovi mercati, dove possiamo esportare, oggi si sono aperti. È necessario impegnarsi ad essere più coerenti nel livello della qualità che proponiamo, in particolare quando andiamo in nuovi mercati e in questo un aiuto concreto con le nostre tecnologie lo possiamo certamente dare.
Giancarlo Boscolo / presidente Cultiva
I freni allo sviluppo. Il freno principale che ancora sta bloccando lo sviluppo dell’attività agricola italiana riguarda la dimensione dell’azienda tipica. La piccola proprietà contadina, che ha salvato l’economia italiana in un certo periodo storico, ora la sta portando alla rovina. Anche le organizzazioni sindacali non sono state in grado di capire in tempo quale direzione avrebbe preso il comparto; pertanto, non hanno spinto la politica a mettere le basi legislative all’evoluzione che era necessaria.
Le opportunità da cogliere. Per le opportunità, procederei su due linee di pensiero: la prima porta all’accorpamento delle aziende ed al rapporto diretto produzione-consumatore, dove l’intermediario, industria o grande distribuzione, mette in filiera le aziende in un rapporto paritario e non subordinato e dà la possibilità al consumatore finale di tracciare il prodotto che porta sulla tavola e di aver fiducia in quello che mangia e soprattutto di poterlo verificare. La seconda opportunità riguarda la riscoperta della genuinità della tradizione culinaria italiana. Sicuramente non risolverà il problema dell’agricoltura italiana, ma sulla falsa riga del “farmer’s market” americano centinaia di piccole aziende impossibilitate a raggiungere il dimensionamento adatto per l’opzione A potrebbero sfruttare quella nicchia di mercato (che tanto nicchia non è) disposta a pagare il doppio del costo riscontrabile presso il punto vendita della GDO, pur di portare a casa quella genuinità che ti dà l’acquisto fatto sul banchetto dell’agricoltore.
Prospettive da qui a 5 anni. Nei prossimi anni non assisteremo a un cambiamento. Nella mia area vedo tante piccole aziende, il piccolo proprietario contadino che è costretto a vendere il terreno perché i prezzi attuali dei cereali non gli permettono di sopravvivere. Più che sulle banane e gli avocados, io mi affiderei ai prodotti che ci hanno fatto conoscere nel mondo, concentrandosi sul concetto di qualità, gusto, freschezza e bontà, caratteristiche che, se ben gestite dal marketing, metterebbero al secondo posto il prezzo.
Enzo Lapietra / titolare F.lli Lapietra
I freni allo sviluppo. Secondo la mia personale esperienza, i freni che si frappongono allo sviluppo del settore dell’ortofrutta in Italia sono derivati dalla bassa qualità della frutta e verdura che vengono vendute ai nostri clienti.
Le opportunità da cogliere. Le opportunità che il settore potrebbe cogliere possiamo sintetizzarle in pochissime parole: qualità costante dei prodotti venduti.
Prospettive da qui a 5 anni. Il settore continuerà a perdere di peso se la qualità dei prodotti che vendiamo non migliora. Questo per me resta il punto fondamentale, che viene prima di tanti discorsi più articolati.
Fabio Massimo Pallottini / presidente Italmercati
I freni allo sviluppo. Per una puntuale analisi del settore occorre innanzi tutto dividere due ambiti, quello dei consumi interni e quello dell’esportazione, e partire dall’esame delle ricadute che hanno i consumi interni sulla produzione e quelli che ha l’esportazione sulla produzione. Per quanto riguarda i consumi interni risalta subito un’evidente contraddizione tra la sempre maggiore attenzione dei consumatori ad un sano e consapevole acquisto e la difficoltà, allo stesso tempo, di valorizzare effettivamente il prodotto italiano per quello che è e vale. Probabilmente incide su questa ambivalenza un sistema di distribuzione che sacrifica la valorizzazione del prezzo, stante che la distribuzione moderna tende a gestire l’ortofrutta spesso alla pari di altri prodotti non freschi o che comunque non hanno le caratteristiche del prodotto fresco come l’ortofrutta e ciò incide anche sulla qualità. Tra i consumatori si coglie una certa insoddisfazione perché la qualità dell’ortofrutta negli ultimi anni non è migliorata, anzi in parte si può dire sia peggiorata. Quindi bisogna lavorare per migliorare il sistema distributivo al fine di consentire prezzi accessibili senza però condizionare tutto al totem del prezzo. Sull’esportazione si può fare molto. L’Italia ha perso terreno. Bisogna lavorare per aggregare e aprire nuovi mercati, avendo la consapevolezza che occorre puntare e spingere molto su alcuni prodotti di eccellenza come la mela, il kiwi, la pera, l’uva, il pomodoro ed anche qualche altro ortaggio se si riuscisse a coinvolgere sistemi di distribuzione più sviluppati.
Le opportunità da cogliere. Sicuramente buone opportunità potrebbero venire da una politica che favorisse una diffusione più capillare ed efficiente del prodotto, anche attraverso sistemi della filiera tradizionale, di cui sono grande fautore, che muovendo dalla produzione procede verso i Mercati all’Ingrosso che svolgono una insostituibile funzione per l’approvvigionamento, la reperibilità e l’accessibilità al prodotto da parte del dettaglio tradizionale. Occorre rivalorizzare questo sistema che negli anni ha garantito all’ortofrutta i migliori successi commerciali. Investirei per dare a questa filiera non solo maggiore dignità ma anche maggiore spessore ed altresì fare, su questo, dei Mercati all’Ingrosso il fulcro di una pro-attiva politica di filiera.
Prospettive da qui a 5 anni. Si tratta di aspetti diversi fra loro ma in qualche modo legati gli uni agli altri. Certamente non si arresterà il processo di innovazione del prodotto, nuovi packaging e nuovi modi di consumo, ma potrebbe non bastare. Si dovrebbe anche, se vogliamo rilanciare il comparto, interrogarci meglio e di più sulla qualità del prodotto che il consumatore merita. Se non investiamo anche su questo, difficilmente potremmo avere dei consumatori interessati a spendere per acquistare un prodotto ortofrutticolo ad un prezzo forse più alto, ma certamente di qualità. Se posso dire a livello internazionale l’Italia ha i numeri per ripartire. È però improcrastinabile una semplificazione della rappresentanza. Oggi in Italia, e lo si vede quando si riunisce il famoso Tavolo dell’Ortofrutta, è una Babele di voci diverse che non coagulano energia ma anzi la disperdono. Lo dico per esperienza. Per raggiungere ragguardevoli obiettivi ed impattare sul piano rappresentativo occorre un impegno di alto profilo e di indubbio spessore. Se non ci si orienta verso un sano spirito di squadra, là dove occorre anche sacrificando disusate modalità rappresentative, difficilmente potremmo ottenere un’inversione di tendenza, tanto a livello nazionale che internazionale.
Martin Pinzger / direttore VIP
I freni allo sviluppo. La frammentazione della produzione e dell’offerta commerciale ha un impatto deleterio sulla capacità di evolvere, investire e rispondere alle sfide odierne. Mettersi insieme non risolve subito tutti i problemi ma fornisce una base solida per diventare molto più forti.
Le opportunità da cogliere. Il cambiamento è una sfida che dobbiamo affrontare. Il 2020 ha riportato urgentemente la salute al centro della scena, e l’ortofrutta – salutare e buona – ne deve essere parte fondamentale. Il nostro star bene inizia da ciò che mangiamo, raccontiamolo!
Prospettive da qui a 5 anni. Se sapremo aggregare la buona produzione e stimolare un sano consumo non perderemo peso. Sui mercati internazionali la lotta è dura ma, da Paese per natura esportatore, lì c’è la base del nostro successo: lavoriamo quindi per non cadere nella trappola delle commodity.