LA PUGLIA PENSA AD UN’ALTERNATIVA ALL’ULIVO COLPITO DA XYLELLA: SPUNTANO ANCHE MANGO E AVOCADO

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La Puglia sta ragionando sulla possibilità di impiantare colture alternative al posto degli ulivi dopo che l’ulivicoltura è stata messa in ginocchio dal batterio della Xylella fastidiosa che ha portato a delimitare una zona di circa 775mila ettari, prevalentemente nel salento.

“Attualmente non ci sono soluzioni – ci spiega Luigi Catalano, presidente della sezione frutticoltura di Soi, la Società di ortofrutticoltura italiana nonché direttore di Civitalia, che ha recentemente presentato in commissione agricoltura del Mipaaf la sua ultima memoria sul tema –. C’è un tavolo di confronto aperto dove si stanno facendo dei ragionamenti con l’obiettivo di arrivare a ridare prima possibile reddito alle famiglie, isolare il batterio e restituire valore all’ambiente impoverito dalla batteriosi. Il 25% dei terreni compresi nella zona delimitata con piante completamente secche non hanno più sostanza organica e la situazione peggiora rapidamente perché sono esposti massivamente esposizione alle radiazioni solari per la mancanza di ombra”.

I test che si stanno facendo, sono peraltro condizionati da una lunga lista di piante individuate da un decreto ministeriale su cui viene posto un veto perché ‘ospiti’ del parassita che diffonde il batterio. Si parla di mandorli, ad esempio, o ciliegi. Per altre 228 piante invece, sono state individuate una serie di limitazioni alla movimentazione. Tra queste c’è il pistacchio, il gelso, il prunus, la noce, il fico, la fragolina di bosco e moltissime specie di ortaggi.

“L’urgenza di un intervento – continua Catalano – ci porta a valutare ogni possibile soluzione. Stiamo ad esempio ragionando sulla possibilità di richiedere una deroga alle quote per l’impianto di vitigni di Negramaro o Primitivo; oppure sulla possibilità di utilizzare le serre già esistenti del polo floro-vivavistico ornamentale per iniziare a coltivare, ad esempio, piccoli frutti come lamponi o more fuori suolo. Fermo restando che sono state individuate due specie di ulivo resistenti al batterio, il leccino e la Favolosa FS 17, che però vanno in produzione a regime in 15 anni”.

La parola d’ordine, quindi, è diversificare per sostituire una coltura intensiva come quella ulivicola con altre non intensive ma maggiormente redditizie di modo da riuscire a produrre lo stesso reddito di 10 ettari di ulivi con uno o due ettari.

Al vaglio degli esperti, fra le altre cose, anche le varietà tropicali come mango o avocado (testate, ad esempio nella zona di Copertino) la cui domanda soprattutto di prodotto locale, è in forte aumento. O anche di drupacee precoci come albicocche o nettarine che, favorite dal clima benevolo, potrebbero arrivare in produzione a coltura coperta, con due settimane di anticipo rispetto alle precoci già coltivate in altre regioni meridionali come Calabria e Sicilia.

“Uno degli aspetti con cui gli esperti seduti al tavolo di confronto si stanno misurando – conclude Catalano – è la risorsa idrica della regione. Per le condizioni pedoclimatiche, ad esempio, se decidessimo di fare kiwi nel Salento, verrebbe un ottimo prodotto, il problema, però, è che manca acqua. O meglio esistono delle micro aree più umide come la zona di Ugento o altre dove è possibile utilizzare l’acqua artesiana del sottosuolo a circa 300 metri. Ma, anche qui, è tutto da valutare”.

Mariangela Latella

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