MOLTENI MINISTRO? NEL CONTRATTO DI GOVERNO ‘AGRICOLO’ TANTA VOGLIA DI PROTEZIONISMO

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Nicola Molteni avvocato comasco, ‘il soldato di Salvini”, nuovo ministro dell’Agricoltura nel futuro governo Conte? Vedremo. La voce prende consistenza e la registriamo. Ma l’agricoltura che posto ha nel programma del nuovo governo? Un posto non secondario se è vero che Salvini aveva sempre posto come ‘irrinunciabile’ il ministero agricolo per la Lega. Allora guardiamo bene cosa c’è scritto al capitolo “Agricoltura-Made in Italy” del contratto di governo lega-5 Stelle. Il testo integrale l’abbiamo pubblicato due giorni fa (leggi news) . A prima vista emerge che il ‘peso’ dell’agricoltura nel programma complessivo è irrilevante: una paginetta scarsa su un totale di 50. Poi vediamo i concetti fondamentali, che riassumiamo.

1) l’agricoltura italiana ‘sopravvive’ nella competizione globale

2) Storicamente l’Italia è stata troppo remissiva in Europa ed ha lasciato il campo ad interessi europei opposti rispetto alle esigenze nazionali. Quindi è necessaria una nuova presenza del Governo italiano a Bruxelles per riformare la Politica agricola comune

3) Difesa della sovranità alimentare dell’Italia e tutela delle eccellenze del Made in Italy

4) Dobbiamo contare di più in Europa e “garantire tempi certi nell’attribuzione ed erogazione, da parte delle Regioni, dei fondi della PAC”

5) Nuovo approccio europeo agli accordi di libero scambio con i paesi terzi, che vanno ratificati dai Parlamenti nazionali

6) A tutela del Made in Italy è prioritario adottare un sistema di etichettatura corretto e trasparente che garantisca una maggiore tutela dei consumatori

7) Vanno riformate Agea e Sian.

Che dire? Che l’agricoltura italiana sopravviva è un dato di fatto incontestabile. Che siamo stati troppo ‘remissivi’ in Europa è altrettanto incontestabile causa il combinato disposto tra inadeguatezza dei vari ministri, scarsa efficienza del Ministero e poca voglia di lavorare dei nostri europarlamentari (salvo rare eccezioni). Che dobbiamo contare di più in Europa è un pio desiderio di tutti: dipende dagli uomini e da come si muove il sistema Paese. Circa l’efficienza delle Regioni da migliorare nell’erogazioni dei fondi Pac, se il Governo ha la bacchetta magica, che la usi. Sull’etichettatura siamo tutti d’accordo, abbiamo fatto passi avanti per decreto in attesa che l’Europa detti le regole. Etichetta d’origine su tutto? Benissimo, nella consapevolezza che non è la soluzione miracolistica per mettere i nostri prodotti al riparo dalle crisi (vedi ortofrutta) . Riforma Agea e Sian: chi riuscirà a farle funzionare sia proclamato ‘santo subito’. Ho lasciato volutamente fuori i punti 3 e 5. Circa la sovranità alimentare e la tutela delle nostre eccellenze , alzi la mano chi non le vuole. Il problema è un altro: come si realizzano questi due obiettivi certamente condivisibili. Tornando al protezionismo, mettendo dazi e barriere? Il nostro è un Paese che vive di export; scatenare guerre commerciali sarebbe un autogol clamoroso. Inoltre non siamo autosufficienti: il deficit agroalimentare (soprattutto agricolo) è una realtà fatta di numeri pesanti. Un particolare forse sfuggito agli estensori del programma di governo. Quanto al punto 5 (gli accordi di libero scambio coi paesi terzi) l’Europa li sottoscrive nel quadro di aiuti allo sviluppo verso paesi di particolari aree economicamente sottosviluppate: smettiamo di aiutarli ‘ a casa loro’? Facciamolo, così alimenteremo sempre più i flussi migratori verso l’Europa. Strano che nel programma agricolo nulla si dica dei Trattati internazionali di libero scambio con Usa, Canada, Giappone, Mercosur ecc. Ma è facile immaginare che anche qui il sentiment sia negativo. D’altronde il capitoletto agricolo del programma di governo pare influenzato pesantemente dalle campagne mediatiche della Coldiretti contro i Trattati di libero scambio, contro l’Europa che non ci tutela, che non vuole l’etichetta d’origine, che inquina la qualità delle nostre produzioni d’eccellenza ecc. Anche qui niente di nuovo: pure l’ex ministro Martina, come tanti altri suoi predecessori, non ha mai osato smarcarsi dal più potente sindacato agricolo e così continuerà a fare il nuovo ministro leghista. Fra l’altro facciamo pur finta di credere che il ministero agricolo sia importantissimo: prendiamo atto che Molteni era destinato alla Giustizia e che l’Agricoltura diventa quasi un ripiego, come sempre accaduto finora, ministero di serie B gettato come un osso alla fine delle trattative.

Concludendo, per l’ortofrutta (ma non solo) conta di più quello che non è scritto nel capitoletto agricolo del Contratto di governo ma in altra parte: cioè che ci impegniamo a far sì che cessi l’embargo russo, ritirando le sanzioni. Questa sì che sarebbe una svolta straordinaria! Come se si riuscisse a fare del ministero una struttura al servizio delle imprese, non un ostacolo!

Per il resto tante banalità, tanti slogan, tanta voglia di neo-statalismo, di Partecipazioni statali, di protezionismo. Conviene tutto questo a un Paese che ha bisogno di esportare come dell’aria che respira? Un’Italia ‘sovranista’, isolata in Europa, riuscirà a contare di più a Bruxelles? Un braccio di ferro permanente con l’Europa su agricoltura, banche, conti pubblici ecc. ci aiuterà a portare a casa migliori risultati? E’ lecito dubitarne. Però siamo pragmatici, aspettiamo di vederli alla prova. D’altronde queste sono le forze politiche che gli italiani hanno votato. Quindi, auguri.

Lorenzo Frassoldati

direttore del Corriere Ortofrutticolo

l.frassoldati@alice.it

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