“Nei Paesi scandinavi, pochi retailers e volumi altamente concentrati richiedono fornitori di grandi dimensioni e filiere di prodotto forti”.
Questa la considerazione conclusiva di Marco Salvi (al centro nella foto), presidente Fruitimprese, al seminario “L’ortofrutta italiana in Scandinavia – focus su Danimarca, Finlandia, Norvegia e Svezia” promosso e organizzato da Omnibus in collaborazione con CSO Italy e Fruitimprese, svoltosi a Macfrut il 9 maggio scorso.
In Scandinavia, dunque, pochi gruppi detengono percentuali altissime della quota distributiva complessiva. Marco Salvi, che conosce da vicino la Scandinavia (“Ci sono stato per la prima volta con mio padre in terza media, saltando un’intera settimana di scuola, perché per il Gruppo Salvi è sempre stato un mercato importante”, ha raccontato) ha fornito numeri e dati precisi: In Finlandia due catene (DOK e Kesko) coprono l’82% delle vendite; in Danimarca tre big player (Salling Group, Coop Dk e Rema) il 90%; in Svezia tre gruppi (ICA, Axfood e Coop SE) coprono il 94% e in Norvegia tre catene (Norges Gruppen, Coop Norge e Rema) detengono ben il 97% della quota di mercato.
“Paesi come questi – ha affermato il presidente di Fruitimprese – hanno bisogno di aziende fornitrici che abbiano dimensioni grandi, quantità importanti di prodotto e filiere forti. Le aziende italiane possono farcela, a patto che puntino sui loro prodotti più significativi e sull’aggregazione”.
“A livello internazionale – ha proseguito Salvi – da tempo le fragole italiane sono sparite, così come pesche, nettarine e pere. Vanno bene mele e kiwi verdi, gialli e rossi, prodotti di alta qualità dalle filiere forti e organizzate. È su questi prodotti che l’Italia deve puntare per l’esportazione in Scandinavia. Per l’uva, speriamo di riuscire a fare grandi cose grazie agli investimenti sull’innovazione varietale fatti nel Sud”.
Il convegno, moderato dal direttore di Omnibus Antonio Felice, è stato aperto dall’intervento del presidente di CSO Italy Paolo Bruni, che ha posto l’attenzione sui consumi interni in forte difficoltà (si stima che nel 2023 ci sia stato un calo complessivo dei consumi di ortofrutta, in termini di volumi, di circa il 14%) e quindi sulla ancor maggiore importanza dell’implementazione di nuovi mercati per i prodotti italiani.
A quello di Bruni è seguito l’intervento della direttrice di CSO Italy Elisa Macchi, entrata nel dettaglio dei singoli Paesi e dei singoli prodotti grazie a una minuziosa ricerca di mercato firmata CSO Italy. “I Paesi scandinavi – ha spiegato – sono al top a livello di reddito pro capite in Europa, anche se scontano un problema inflattivo. Per la nostra ortofrutta ci sono ampi margini di penetrazione. La quota di export italiano in Scandinavia non va oltre il 3-4% del totale di ortofrutta importata”.
Secondo i dati forniti dalla direttrice Macchi, le importazioni scandinave sono rappresentate per oltre il 50% dei volumi da merce trasformata. Pe la quota rimanente, dedicata al fresco, fanno da padrone, tra gli ortaggi, patate, pomodori, cipolle, lattughe e cavolfiori e, tra la frutta, banane (400 mila tons/anno) e frutta esotica (100 mila tons/anno), due prodotti di cui l’Italia non è produttore. A seguire, agrumi (225 mila tons/anno), mele (190 mila tons/anno), angurie, pere, meloni e fragole.
Se per gli agrumi il ruolo dell’Italia è marginale, per le mele l’Italia è il primo fornitore (rappresenta circa il 40% delle importazioni complessive), tranne che in Svezia, dove il nostro Pese è stato superato dalla Polonia, che in generale sta guadagnando spazio. Il consumatore svedese, infatti, non ha più le disponibilità di prima e ha iniziato a “guardar bene al prezzo”. La Polonia sta andando forte ed esporta grandi quantità di mele, specie per la trasformazione industriale.
Oltre il 50% delle importazioni totali, ha spiegato Elisa Macchi, provengono dalla Spagna (“ma anche la Spagna soffre, per la forte concorrenza da Nordafrica e Turchia”, secondo Marco Salvi); il trend è ascendente per i Paesi Bassi, che però fanno per lo più riesportazione; in calo Grecia e Marocco.
Nonostante i quattro Paesi scandinavi siano tra quelli al mondo che consumano meno ortofrutta fresca, il mercato è in lieve espansione, anche per le insistenti raccomandazioni delle autorità locali di consumare più ortofrutta (diverse tipologie di ortofrutta, patate escluse, per un peso complessivo di 800 grammi/giorno per persona, addirittura il doppio della quantità consigliata dall’Unione Europea). “L’Italia deve cavalcare questo trend”, ha affermato decisa la direttrice di CSO Italy.
Le testimonianze di due operatori scandinavi
A corredo degli interventi di Salvi, Bruni e Macchi, due operatori dell’import-export hanno fornito le loro importanti testimonianze.
Il primo è stato Roger Nyqvist della società di import finlandese Agrica, che ha parlato di come l’Italia con i suoi prodotti di alta qualità possa penetrare la Scandinavia puntando al canale dell’horeca, che ha larga importanza anche in virtù del fatto che la popolazione scandinava mangia principalmente fuori casa.
Il secondo, Andrè Broe Jensen, dal 1999 al 2006 ha lavorato per Coop Scandinavia in Norvegia, poi nella filiale italiana dello stesso Gruppo a Bologna. “Inizialmente Coop Scandinavia acquistava tanto dall’Italia, poi col passare degli anni sempre meno, fino a che l’ufficio di Bologna è stato chiuso. A quel punto sono entrato nel Gruppo Salvi, dove mi occupo dell’export nelle Aree Scandinave. Posso affermare con soddisfazione che il trend si sta di nuovo invertendo ed è tornato ad essere positivo, non solo per l’uva, ma anche per pesche, nettarine e fragole, che per molti anni non sono andate bene”.
“Conoscevamo Jensen e, quando l’ufficio di Coop Scandinavia di Bologna è stato chiuso, lo abbiamo subito voluto nel nostro staff”, ha precisato Salvi. Una decisione lungimirante.