VERTICAL FARMING, LE STRATEGIE PER RIDURRE I COSTI ENERGETICI (E NON SOLO)

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Il vertical farming è sicuramente un metodo di coltivazione innovativo. Ha dalla sua notevoli vantaggi rispetto ad altri metodi (per esempio il ridotto consumo di suolo e di acqua o la non dipendenza da fattori climatici anche estremi) ma richiede investimenti decisamente più ingenti e comporta un fabbisogno di energia di gran lunga superiore rispetto alle tecniche tradizionali. La ricerca è al lavoro per individuare le strade percorribile per rendere più sostenibile questa tecnica. Se ne è discusso la scorsa settimana in una giornata di studio dal titolo “Quale futuro per le vertical farms?”, a Firenze presso l’Accademia dei Georgofili.

Tra i gruppi di ricerca più attivi figura quello dell’Università di Bologna, che si avvale dell’impianto sperimentale AlmaVFarm, dove vengono coltivate diverse specie vegetali: lattuga, basilico, rucola, cavolo, pomodoro. “Tutto in una vertical farm richiede energia – ha spiegato Giorgio Prosdocimi Gianquinto, del Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agro-Alimentari dell’Università di Bologna – ma la voce che pesa maggiormente è l’illuminazione. Seguono il mantenimento delle condizioni climatiche ideali e le tecniche di coltivazione, che hanno un dispendio energetico diverso in funzione del grado di automazione. Sicuramente adottare delle luci a led più efficienti consente di ridurre notevolmente i consumi e la tecnologia sta facendo passi da gigante in questo senso. Poi aumentare la densità colturale e lavorare su spettri di luce dinamici può aiutare a ridurre i consumi e aumentare le rese”.

“Un altro metodo per incrementare la produzione – ha aggiunto – è lavorare sul miglioramento genetico della pianta, per aumentare l’indice di intercettazione della luce, e incrementare la porzione vendibile. Ovvio che i costi dipendono dal prezzo dell’energia nel luogo di coltivazione e purtroppo in Italia questa voce è più alta rispetto ad altri contesti. Può essere conveniente anche cambiare la fonte energetica, per esempio dotare il proprio impianto di pannelli fotovoltaici”.

Progettare la coltivazione su pannelli verticali, anziché su piani orizzontali può aumentare l’efficienza energetica grazie a una migliore illuminazione. Di contro, il sistema è più costoso da installare e per alcune colture il gravitropismo potrebbe essere un problema, influenzando la direzione della crescita.

Sebbene i consumi di acqua siano inferiori ad altre tecniche, essi possono comunque essere ridotti, per esempio recuperando quella traspirata dalle piantine. “Nel nostro impianto sperimentale – ha raccontato Giorgio Prosdocimi Gianquinto – riusciamo a recuperare circa il 76% di acqua con un sistema di deumidificazione. Bisogna però fare attenzione ai materiali usati per l’impianto, che devono essere idonei al contatto alimentare. Poi c’è un’area ancora poco esplorata nel vertical farming, quella del vivaismo, che credo abbia ottime potenzialità, anche se c’è molto da lavorare sull’adattamento della piantina coltivata in una farm, una volta trapiantata a pieno campo”.


Se ottimizzare i costi è una delle vie per rendere più profittevole una vertical farm, l’altra strada da percorrere è incrementare il valore aggiunto del prodotto, per esempio offrendogli dei plus nutrizionali per cui il consumatore sia disposto a spendere di più. In questo campo si concentrano gli studi dell’Università di Pisa. “Per ottenere vegetali con un migliore valore nutrizionale – ha spiegato Luca Incrocci, del Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Agro-ambientali dell’Università di Pisa – abbiamo sperimentato un trattamento con plasma freddo, che si è rivelato stimolante a piccole dosi, ma che può creare problemi all’apparato radicale a livelli maggiori. Controllando la composizione delle soluzioni nutritive si riescono a ottenere effetti quali la biofortificazione, la riduzione nitrati, la gestione della salinità. E’ promettente anche la coltivazione di specie vegetali diverse, per le loro proprietà nutrizionali. Tra le colture che riteniamo più interessanti ci sono la pimpinella, la piantaggine, la borragine e la malva”.

Non solo in Italia si sta studiando la sostenibilità del vertical farming. “E’ vero che le VFarm permettono di coltivare tutto, ovunque e sempre – ha sottolineato Cecilia Stanghellini della Wageningen University (NL) – però la produzione vegetale senza luce solare presenta degli inconvenienti. Solo le colture ad altissimo contenuto di acqua e indice di raccolta possono essere redditizie ed è discutibile che l’elevata domanda di elettricità sia soddisfabile con fonti sostenibili. La vicinanza della coltivazione al consumatore può garantire una qualità e permettere di usare criteri diversi dalla shelf-life per selezionare le varietà da coltivare. In ogni caso, il beneficio del km 0 a livello ambientale andrebbe sempre valutato criticamente”.

Elena Consonni

(Freshcutnews.it)

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